Il “nuovo” è già invecchiato e Renzi sta rapidamente diventando un doroteo scaduto
Il nuovo che avanza assomiglia sempre di più al vecchio in quiescenza. E ne ripete gli stilemi consunti come se il tempo si fosse fermato. Tanto per dire: Renzi, che animato da sacro furore prometteva sfracelli, pare che adesso si accontenti di suggerire a Letta un “rimpasto”, niente di più ancien règime di una pratica abusata nella Prima repubblica. Passano uomini e governi, insomma, ma il Manuale Cencelli resiste ad onta di chi non è capace di inventare una politica davvero nuova. Il “segretario fiorentino” (da non confondere con Machiavelli) sembra avere più a cuore le poltrone da spartire, i nuovi equilibri da trovare che le opere a cui dedicare i suoi giorni come faceva intendere nel corso della sua cavalcata verso la presa del Palazzo d’Inverno del Pd. Non diversamente da Scelta civica che, per quanto ridotta ad una insignificante appendice della maggioranza, reclama anch’essa ministri e sottosegretari sostenendo che il quadro è cambiato. Ovviamente i montiani ritengono di non essere secondi a nessuno in quanto “nuovisti” anche se un loro ex-esponente di punta, Lorenzo Dellai, adesso leader degli scissionisti del gruppo Per l’Italia, fa notare, con buona dose di realismo, se “con tutto quello che accade nel Paese, il tema all’ordine del giorno debba essere un ritorno al manuale Cencelli”, rispondendo così al capogruppo alla Camera di Scelta civica, Andrea Romano, che ieri sul Corriere della sera attaccava i fuoriusciti e pretendeva maggior peso per il suo partitino.
Ecco, siamo al politicismo più vieto, inguardabile ed indigesto. Il dibattito, se così si possono definire le schermaglie giornalistiche tra i diversi contendenti, raramente è stato tanto deprimente. Eppure alla vigilia di importanti appuntamenti, primo tra tutti la legge elettorale che buon senso vorrebbe venisse varata prima dell’uscita delle motivazioni della sentenza della Corte costituzionale che ha dichiarato illegittimo il Porcellum, ci si attenderebbe un diverso atteggiamento rispetto alle cose da fare. Per esempio, buttato a mare il “salva Roma” per manifesta indecenza, sarebbe gradito che l’appena approvato “Milleproroghe” che ne ripete la filosofia, avesse la stessa sorte. Invece è in corso una battaglia furibonda sugli emendamenti e per quanto il governo faccia la voce grossa, spalleggiato dal suo lord protettore, vale a dire il capo dello Stato, i parlamentari questa volta, pur limitando le pretese, non accetteranno di restare a mani vuote.
Lo stesso impianto del provvedimento è assurdo. Mettere insieme materie assolutamente incompatibili è quanto di più logoro la vecchia politica abbia lasciato in eredità. Neppure su questo Renzi ritiene di intervenire? E già, nessuno si salva dalla ragnatela delle clientele, neppure coloro che alla Leopolda facevano la voce grossa contro l’ineleganza di certi comportamenti. E’ sicuramente più glamour mettere in squadra un po’ di giovanotti e giovanotte che sbagliano indirizzi dei ministeri e non disdegnano passaggi su aerei di Stato e alla prova dei fatti dimostrano di non essere questo fior di economisti celebrati da giornali compiacenti, piuttosto che impegnarsi in piccole riforme (a cominciare dalla cancellazione di un provvedimento assurdo sotto tutti i punti di vista come il Milleproroghe: già il nome è tutto un programma ed io mi rivedo neofita in Parlamento di fronte ad un tale decreto che richiamava alla mia memoria più i millepiedi che una normativa…) che comunque darebbero il senso di un cambiamento.
Restiamo in attesa. Si dice che l’anno nuovo sarà foriero di sorprese. Se si apre come si è chiuso, dedichiamoci alle pagine sportive aspettando il Mondiale brasiliano di giugno. Volete mettere lo spettacolo?