Letta spieghi all’Europa che il Belpaese non ha più voglia di scherzare. Questa è la lezione della protesta dei Forconi
Va maneggiata con cautela la protesta dei Forconi, ma questo non vuol dire che essa debba necessariamente essere catalogata come espressione di gruppi violenti e per di più priva di qualsiasi contenuto propositivo. C’è anche la violenza, ma non c’è solo la violenza. Esiste un’Italia arrabbiata, quotidianamente sobillata contro tutto ciò che è pubblico, istituzionale, politico. È un’Italia che trova nella costante denigrazione mediatica di governo e parlamento la propria legittimazione morale. Strano, quindi, che a prenderne le distanze e a denunciarne la potenzialità eversiva siano proprio coloro i quali, consapevolmente o meno, la alimentano. Sarebbe tuttavia pericoloso derubricare quel che sta accadendo in ogni angolo del Belpaese a violento ed irrazionale rifiuto di qualsiasi autorità.
Purtroppo, è esattamente quel che sta accadendo: le polemiche sulle modalità della protesta, sulla composizione politico-antropologica dei manifestanti, l’evocazione delle stagione degli “anni di piombo” a far da fosco sfondo ad una scena occupata da serrate, blocchi stradali e ferroviari e, tanto per non farci mancare niente, da un Beppe Grillo che istiga alla disobbedienza poliziotti e forze dell’ordine, sono altrettanti tasselli di un mosaico pronto a disegnare i contorni di una piazza da cui è urgente e igienico allontanarsi. Operazione riuscita se persino uno stomacaccio come Berlusconi è stato costretto ad annullare l’incontro con una delegazione dei Forconi per non restare vittima dalle strumentalizzazioni già in atto circa una sua presunta volontà di giocare al tanto peggio tanto meglio.
Paradossalmente, il dietrofront del Cavaliere mette in un angolo il governo e lo costringe a non sottovalutare le ragioni della protesta. Letta, però, non va lasciato solo né può essere ostacolato nel suo tentativo di venirne a capo. Nella nostra storia politica, recente e remota, non si contano gli apprendisti stregoni rimasti politicamente incerottati dopo aver tentato ardite cavalcate sul malcontento popolare. Al contrario, occorre che la politica faccia blocco nel pretendere la cessazione di ogni forma di violenza come primo passo perché i Forconi acquistino dignità di interlocutore delle istituzioni. È una regola che dovrebbe valere sempre e comunque, ma è un dato di fatto che da noi la fermezza emetta sempre una luce intermittente.
La virulenza della protesta impone però al Palazzo di aggiornare il proprio armamentario. Il Paese è stremato. La rabbia sale perché c’è una politica delle chiacchiere che non diventano mai fatti. Ci si rifugia un giorno dietro i vincoli di bilancio, un altro dietro l’Europa, un altro ancora dietro la mole dell’evasione fiscale, fatto sta che in Italia non circola più moneta. È tutto fermo. L’economia è paralizzata da tutta una serie di lacci e di impedimenti che sta strozzando centinaia di imprese, che paradossalmente chiudono più per i crediti che non riescono ad esigere che per debiti che non possono pagare.
Non è possibile che di fronte a tutto questo e alle proteste che ne stanno scaturendo la risposta della politica si esaurisca nella riproposizione di un fideismo europeista che non poggia più da nessuna parte. Se davvero Letta vuol domare una situazione nazionale sempre più emergenziale, non solo non deve demonizzare la protesta ma deve metaforicamente prenderne in prestito il forcone e mostrarlo ai suoi partner europei. Forse si renderanno conto anche loro, tedeschi compresi, che anche nel Paese delle barzellette nessuno ha più voglia di scherzare.