Putin-Obama, la nuova guerra fredda si combatte anche sui gay

18 Dic 2013 11:14 - di Priscilla Del Ninno

Dopo la Siria, la zona di guerra fredda tra Casa Bianca e Cremlino si sposta a Soci, in Russia, alla cerimonia di apertura delle Olimpiadi Invernali. E in quella che sembra essere diventata una vera e propria gara a chi diserta prima – e più clamorosamente – l’inaugurazione della competizione sportiva invernale, l’America cala l’asso della provocazione, e dà scacco matto. O forse, sarebbe più appropriato dire che “dà di matto”… Alla lista di presenti celebri e illustri sconosciuti che parteciperanno o, diversamente, latiteranno all’inaugurazione dei giochi invernali, al forfait di Hollande, del presidente tedesco Joachim Gauck, della commissaria europea Vivianne Reding, si aggiunge in queste ore anche la decisione sopra le righe di Barack Obama che, nel rispedire al mittente l’invito a partecipare al cerimoniale d’apertura delle olimpiadi invernali di Soci,  ha deciso di mandare a stringere la mano a Putin in sua rappresentanza niente poco di meno che Billie Jean King, campionessa di tennis, componente del President’s Council on Fitness, Sports and Nutrition, meglio nota come icona del movimento gay, conosciuta, insomma, soprattutto per essere stata la prima atleta dello sport professionistico a fare coming out, dichiarandosi apertamente omosessuale nel lontano 1981, in seguito a una disputa legale tra lei e la sua ex partner Marylin Barnett. Insieme alla King, diretta a Soci ci sarebbe anche un’altra ex atleta apertamente gay: la pattinatrice sul ghiaccio Caitlin Cahow. Titoli, quelli dell’appartenenza sessuale, che suonano in questa circostanza ovviamente più altisonanti di mille meriti sportivi, e comunque intrisi di un significato decisamente polemico, vista la scelta politically scorrect di inviare la portabandiera dei diritti delle coppie omosessuali nel Paese organizzatore dei Giochi, da tempo sotto i riflettori per le sue politiche anti-propagandistiche delle rivendicazioni delle coppie omosessuali, e a sostegno della famiglia nella sua accezione più tradizionale.

Così, tanto per rincarare la dose e aggiungere al danno anche la beffa, da Washington si fa notare che, nella delegazione americana, assenti presidente, first Lady e vice-presidente, non ci sarà alcun esponente del governo Usa, forfait istituzionali rimpiazzati dalla figura di Janet Napolitano, ex segretario della Sicurezza Interna, oggi presidente dell’Università della California. Una toppa che non vuole certo riparare il buco nel guanto di sfida lanciato con la simbolica presenza di Billie Jean King, anzi… Una risposta a stelle e strisce all’invito russo, che affida all’indisponenza diplomatica l’invio di un messaggio più che esplicito al governo di Mosca; un messaggio che dice molto di più di mille frasi di circostanza, affermazioni tipiche da cerimoniale di rito, e discorsi istituzionali, e che sferra una stoccata politica che non si verificava dall’affondo del 2000. Per ora, comunque, il duello a distanza a colpi di diplomazia è solo alle battute iniziali, ma di certo c’è poco da ridere e, semmai, molto da rimpiangere ripensando ai tempi in cui la guerra fredda si giocava in prima linea sul terreno della corsa agli armamenti e agli scudi spaziali, e nelle retrovie delle battaglie di contro-spionaggio. Oggi, invece, l’offensiva, più graffiante – e decisamente meno intrigante – si è ritirata sul fronte dei diritti delle comunità gay: una gara da disputare (anche) sul terreno di gioco e sulle piste di neve.

 

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