Riportare i marò in patria «presto e con onore». Il capo di Stato maggiore suona la sveglia alla Farnesina
Non basta riportarli a casa. Bisogna riportarli a casa «presto e con onore». A chiarire quale obiettivo debba avere lo Stato italiano per Massimiliano Latorre e Salvatore Girone è stato il capo di Stato maggiore della Difesa, l’ammiraglio Luigi Binelli Mantelli. Intervenendo a Livorno al giuramento degli allievi dell’Accademia navale, il comandante delle forze armate ha ricordato che i due marò detenuti in India «non solo hanno fatto il loro dovere con professionalità e saggezza, ma ci hanno dato un esempio di altissimo senso del dovere ritornando in India, e pertanto devono tornare presto e con onore in patria». La presa di posizione suona ancora più forte perché arriva all’indomani dell’ennesimo rinvio giudiziario di New Delhi. Un passaggio che, tecnicamente, va accolto come un successo della difesa dei due fucilieri di marina, ma che allunga ulteriormente i tempi di una “detenzione” che dura ormai da quasi due anni. I legali dei due soldati, infatti, sono riusciti a respingere un tentativo della polizia locale di spostare il processo davanti al giudice competente per i casi di terrorismo. Lo hanno fatto anche con il supporto dell’inviato della Farnesina, Staffan de Mistura che era giunto il giorno prima nella capitale indiana. È stato lui a definire una “linea rossa” di opposizione e rigetto dell’ipotesi che i fucilieri potessero essere accusati in base alla Legge indiana del 2002 per la repressione della pirateria (Sua Act). Determinante per il rinvio è stata anche l’assenza del rapporto che la polizia aveva annunciato di aver concluso. Per questo l’udienza è stata aggiornata all’8 gennaio. «Come nel caso della videoconferenza per gli altri quattro marò, quando si arriva a una “linea rossa” la posizione dell’Italia, senza retorica ma con fermezza, diventa inamovibile, anche se questo può comportare dei rinvii». Ma proprio la fermezza è stata per troppo tempo la grande assente di questa vicenda, rispetto alla quale ancora oggi le voci risolute come quella del capo di Stato maggiore della Difesa restano troppo poche. Lo stesso ministro degli Esteri, Emma Bonino, pur spiegando che il governo e la Farnesina si occupano del caso dei marò «a tempo pieno» e con l’aiuto dei «migliori penalisti», si dice «fiduciosa che li riporteremo a casa» ma sottolineando che servono tempo, «molta determinazione e costanza». Non sembra, insomma, schiacciare l’acceleratore su quella “linea rossa” che, invece, stando alle parole del suo inviato, è la migliore carta che il governo possa avere per garantire ai due fucilieri il dovuto rapido rientro in patria. Magari anche con onore, come rivendicato dal capo di Stato maggiore.