Roma, anche il bilancio è fuori dalle regole. Giorgia Meloni: «Alfano deve intervenire»

6 Dic 2013 17:42 - di Redattore 89

Il prefetto dà, il prefetto potrebbe togliere. La proroga di 20 giorni concessa dal prefetto Giuseppe Pecoraro al sindaco di Roma Ignazio Marino per l’approvazione del bilancio, infatti, ha portato con sé un effetto paradossale: la negazione del confronto democratico all’interno dell’assemblea capitolina. Dei circa 200mila ordini del giorno presentati se ne sono salvati solo 720, gli altri sono stati dichiarati inammissibili. Il Campidoglio a guida Ignazio Marino conta così di riuscire ad approvare il bilancio tra stanotte e domani, ma si tratta «di una interpretazione killer, che – spiega il capogruppo di Fratelli d’Italia, Fabrizio Ghera – rappresenta un precedente gravissimo per Roma e per tutti i Comuni». «Se passa la linea che gli emendamenti dell’opposizione si possono falcidiare impunemente – aggiunge Ghera – si minano nelle fondamenta il processo democratico e il ruolo stesso delle assemblee. Vuol dire che ogni volta che una maggioranza avrà necessità di approvare un documento, potrà estromettere l’opposizione con un atto di forza. Per questo – prosegue il capogruppo di Fdi in Campidoglio – ho già scritto quattro lettere al prefetto, ho chiesto di verificare se in questa azione vi siano profili penali come l’abuso d’ufficio e stiamo per presentare un ricorso al Tar». Com’è noto, la giunta capitolina ha avuto la necessità di chiedere la proroga prefettizia per i tempi di approvazione del bilancio, ma una volta ottenuta non c’è più nemmeno lo spettro del default a giustificare un simile colpo di mano sulle proposte dell’opposizione per migliorare e integrare il testo. Per questo sulla questione, oggi, è intervenuta anche Giorgia Meloni, chiedendo al ministro dell’Interno, Angelino Alfano «un intervento urgente con il prefetto di Roma per ripristinare la legalità». «Da giorni – ha sottolineato la capogruppo di Fdi ala Camera – la discussione sull’approvazione del bilancio in aula Giulio Cesare è viziata da infrazioni: con delle forzature la maggioranza di centrosinistra sta violando il regolamento del Consiglio, facendo decadere tutti gli emendamenti e ordini del giorno dell’opposizione e impedendo ogni tipo di confronto democratico». «Alfano si ricordi di essere anche ministro dell’Interno e ponga fine a questo scempio: limitare il diritto di dibattere su un tema così importante per il futuro della città e dei romani – ha concluso Meloni – non è né accettabile né lecito». A rende ancora più indigeribile l’atteggiamento del centrosinistra capitolino c’è la consapevolezza che un’altra strada era possibile. «Se avessero lasciato in vita 4-5mila emendamenti saremmo comunque riusciti ad approvare il bilancio entro il 23, salvaguardando il ruolo dell’opposizione e quindi il confronto democratico», spiega ancora Ghera, ricordando che se si è arrivati a questo punto è prima di tutto responsabilità del sindaco, il quale si è dimostrato incapace di guidare una città come Roma, che è rimasta impantanata in errori e immobilismo in ogni settore: dalle nomine di figure chiave, come quella del capo dei vigili, all’attività in settori cruciali per il lavoro e l’economia, come quello dell’edilizia. «Anche all’interno del Pd – commenta Ghera – hanno capito che Marino è inadeguato a fare il sindaco di Roma, tant’è vero che c’è chi sospetta che questo atto di forza sugli emendamenti possa essere una polpetta avvelenata del partito al sindaco. Se va bene, possono dire di essere stati loro a salvare la giunta e spingere l’acceleratore su quel rimpasto di giunta di cui già si parla con tanta insistenza. Se va male e il Tar ci dà ragione – conclude Ghera – si liberano di un sindaco che per mesi ha avuto la pretesa di poter agire senza ascoltare nessuno e rispetto al quale da tempo cova la voglia di ribellione».

 

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *