Scontri a Kiev, europeisti in piazza. L’Ucraina deve scegliere tra Putin e Bruxelles

2 Dic 2013 10:29 - di Guglielmo Federici

Un’altra giornata di alta tensione a Kiev, dove un migliaio di manifestanti sta bloccando l’ingresso del palazzo del governo dove i leader dell’opposizione nazionalista hanno chiesto le dimissioni del presidente ucraino, Viktor Ianukovich, dopo l’improvvisa sospensione della firma di un accordo di associazione con l’Unione europea. Le strade attorno all’edificio sono state bloccate dalle auto dei simpatizzanti dell’opposizione. Continuano le proteste degli “europeisti” dopo quelle di domenica, quando più di 100.000 manifestanti ucraini favorevoli all’Ue è scesa in piazza sfidando il divieto del governo che aveva  proibito i cortei in centro. Gli attivisti del partito nazionalista di opposizione hanno occupato il municipio di Kiev, la sede del governo e contemporaneamente hanno proclamato lo sciopero generale. In mattinata gli attivisti si erano radunati nel parco Taras Shevchenk marciando verso Piazza dell’Indipendenza, dove hanno abbattuto le transenne erette attorno a un albero di Natale per scoraggiare gli assembramenti. Anche le attiviste del gruppo femminista «Femen» a Parigi hanno messo a segno una protesta choc. Davanti all’ambasciata di Kiev cinque militanti hanno, infatti, urinato su altrettante gigantografie di Ianukovich gridando “Ucraina in Europa”. A seno nudo, con scritte contro il presidente ucraino sul corpo, le attiviste del movimento, tutte e cinque di origine ucraina, hanno spiegato di voler dire all’Europa che “L’Ucraina ha bisogno di aiuto”  “denunciare la violenza di Kiev contro i manifestanti”.

In tutta l’Ucraina migliaia di persone stanno protestando da dieci giorni contro la decisione del governo di congelare la firma di un accordo di associazione con Bruxelles. Il “voltafaccia” di Ianukovich all’Unione europea a favore della “detestata” madre Russia di Putin sta scatenando le manifestazioni più importanti dai tempi della rivoluzione arancione filo occidentale del 2004. Nemmeno il pugno duro del governo, che ha ceduto alle pressioni di Mosca e  ha vietato le manifestazioni fino al 7 gennaio, sta fermando le manifestazioni. Numerosi simpatizzanti dell’opposizione sono arrivati a Kiev da Leopoli, città dell’Ucraina occidentale dove forti sono le pulsioni nazionaliste e quelle filo-occidentali in chiave anti-russa. I loro slogan parlano chiaro “Rivoluzione, rivoluzione,“L’Ucraina è l’Europa”. La  rivolta di Kiev ha trasformato la firma di un accordo di associazione con l’Ue – in fondo una procedura burocratica che fa bene al commercio – in una scelta esistenziale. Ora dopo ora, tra scontri in piazza e braccio di ferro politico, la nazione sta scoprendo la sua identità tormentata e frammentata. Le manganellate distribuite agli oppositori e la trentina di arresti messi a segno dalle forze anti sommossa del governo di Yanukovich sembrano destinati a non cambiare l’essenza della partita. E anche l’esortazione dell’ex premier Yulia Tymoshenko, incarcerata per ordine di Yanukovich, non sembra una garanzia di successo.

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