Stefàno, il presidente che doveva essere “super partes”, fa cassa con un libro sulla decadenza del Cav

7 Dic 2013 11:11 - di Desiree Ragazzi

Dario Stefàno. Chi è costui? Imprenditore e docente universitario con il pallino per l’agricoltura tanto da ricoprire il ruolo di assessore alle risorse alimentari della Regione Puglia nella seconda giunta Vendola. E ora anche scrittore anti-Cav. Politicamente non si è fatto mancare nulla e così dalla Margherita con un lungo salto è passato a Sinistra ecologia e libertà del suo amico Nichi. Ma è col suo arrivo in Parlamento e con l’investitura a presidente della giunta per le elezioni che Stefàno vola e acquisisce un ruolo spendibile nell’agone dell’antiberlusconismo. È lui infatti, dopo la condanna di Berlusconi, a diventare il dominus indiscusso, il protagonista di una vicenda che in poche settimane gli farà raggiungere le vette della crociata più becera contro il Cavaliere. L’essere stato il relatore-accusatore e il presidente della giunta che, con voto palese, ha decretato la decadenza di Berlusconi dal Parlamento lo ha spinto subito con vorace pragmatismo a monetizzare l’esperienza: in quattro e quattr’otto ha scritto un istant book sulla decadenza del Cavaliere. Il libro edito da Manni s’intitola La decadenza. Il caso Berlusconi tra atti ufficiali, retroscena e manovre. Non costa neanche poco: i lettori che vorranno conoscere fatti e misfatti del caso più eclatante dell’anno, secondo il vangelo Stefàno, dovranno sborsare ben 13,50. Sulla copertina del libro si legge: «Applicare la norma Severino nell’affaire Berlusconi rischia di trasformarsi da procedura d’ufficio in impresa impossibile. L’apparato giuridico, mediatico e politico del Cavaloiere si mette in moto per provare a contrapporsi alla procedura con richieste di rinvio, ricorsi e istanze per annullare la decisione finale della giunta e per ottenere la ricusazione dei componenti, fino a minacciare una crisi di governo».  Nel libro Stefàno narra non solo la vicenda politica ma inserisce anche qua e là qualche sprazzo autobiografico condito di vittimismo. Come il racconto delle sue condizioni fisiche nel giorno della decadenza: «Credo di avere un po’ di febbre. Ieri sono arrivato persino a prendere  del cortisone per stare in piedi». Poverino. Ma soprattutto anche bravo: in Parlamento non ha smesso gli abiti dell’imprenditore  e ogni occasione è buona per fare soldi.

 

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