Auguri di morte a Bersani, vergogna in rete. Ma nel 2004 tra i banchi dell’Ulivo si esultò per l’ictus a Bossi

6 Gen 2014 17:20 - di Luca Maurelli
L’hashtag bersanimuori è forse la pagina più nera della recente storia di deliri e sciacallaggi su Twitter, il luogo dello spirito (di patata) dove il cretino di turno può ritagliarsi due righe di celebrità sparando insulti, idiozie e dando libero sfogo alle proprie frustrazioni personali nella speranza che un proprio simile gli dia ragione.E in effetti, se Dio li fa, la rete li accoppia e li moltiplica: la conferma è arrivata dal profluvio di commenti macabri e insultanti che hanno inondato i social network subito dopo la notizia del malore dell’ex segretario del Pd. Fin dall’inizio è apparso chiaro che la matrice politica dei messaggi postati contro Bersani, nelle ore in cui questi lottava contro la morte, erano da ricercare nel variegato universo grillino, ma l’ipocrisia con la quale, anche stavolta, si è tentato di criminalizzare il movimento, colpevole di non controllare “tutti” i suoi folli esternatori del web, è apparsa un po’ eccessivo, visto che la stupidità, da sempre, è caratteristica politica trasversale.
Di sicuro Beppe Grillo è stato costretto a correre ai ripari con un lungo post nel quale ha reso omaggio all“umanità” di Bersani e ha auspicato un rapido ritorno alla politica attiva. Immediata la freddura di Spinoza.it: «Grillo gli augura di tornare presto per potergli dire di nuovo che è un morto». Efficacissima sintesi. Così come efficaci sono i commenti apparsi in queste ore sul blog di Grillo, con una stragrande maggioranza di auspici di pronta guarigione per Bersani, ma anche qualche voce isolata e violenta, che ha richiamato l’odioso hashtag del giorno prima. «Signori, io auguro un ictus a tutta la classe politica che ha governato fino ad oggi… incluso Bersani, è grave?», ha scritto un tal M5S-oltre. Grave e vergognoso, ovviamente. Ma la rete è la rete,  è lo specchio del Paese, anche della feccia del Paese, dei suoi istinti più bassi. Come quelli che qualche anno fa animarono il cattolicissimo e moderatissimo (attuale casiniano di ferro) onorevole Enzo Carra. L’11 marzo del 2004, alla Camera, alle ore 10.07, nel giorno in cui si piangevano i morti delle stragi di Madrid, Carra trovò modo di collegare quel gesto di terrorismo all’infarto (con ictus) che aveva quasi ucciso, nelle stesse ore, Umberto Bossi. Il deputato ulivista della Margherita, poi approdato al Pd, vide in quel malore al leader leghista una sorta di punizione divina. «Leggo dalle agenzie che Bossi è caduto vittima di un infarto. Credo che tale coincidenza debba far riflettere su come vada preservato questo Paese da chi lavora o ha lavorato in passato per la disunione del Paese che porta soltanto dolore e morte…», argomentò il deputato, scatenando una comprensibile, violenta reazione dei parlamentari del Carroccio. Qualche anno dopo Carra fu ricandidato dal Pd e nessuno si scandalizzò. E che dire di quando il deputato dell’Idv, Francesco Barbato, cocco di Travaglio e attualmente molto vicino ai grillini, dopo il lancio della statuetta contro Berusconi incitò pubblicamente gli operai della Fiat a fare altrettanto. La rete, allora, non era così frequentata, né dai politici né dalla gente comune. Ma anche allora, a computer spenti, la mamma del cretino era sempre incinta.

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