Dal governo chiacchiere e demagogia. Dall’Istat e dall’Inps un quadro da incubo

9 Gen 2014 10:30 - di Gennaro Malgieri

Dal governo arrivano parole confortanti. La ripresa è vicina, la fine del tunnel s’intravede (non lo diceva anche Monti?), l’incubo dello spread è sparito, la recessione si sta allontanando. Così, ogni giorno, da Palazzo Chigi. Giaculatorie prive di senso. La realtà, infatti, è un’altra. Non soltanto gli economisti, ma anche cittadini comuni hanno la sensazione che l’Italia sia precipitata in un’atmosfera da dopoguerra. E se non è così poco ci manca. La lettura degli ultimi dati Istat conferma che l’ottimismo sbandierato dal governo è soltanto propaganda.

L’Istituto di statistica c’informa che lo scorso novembre si sono volatilizzati 57 mila posti di lavoro, in un anno, quello appena passato, 448 mila che assommati a quelli precedenti fanno 3 milioni e 254 mila disoccupati, pari al 12,7% della popolazione attiva. E’ il peggiore dal 1977: una regressione che non trova riscontro in nessun altro Paese europeo. La disoccupazione giovanile segue l’andamento di quella generale: 41,6%, vale a dire quasi uno su due tra i ragazzi dai 15 ai 24 anni, senza considerare gli studenti per i quali si aprono voragini di inedia quando finiranno i corsi universitari. L’Istat ci ricorda poi che i giovani inattivi sono complessivamente 4 milioni e 424 mila: un aumento del 2% in un anno, l’anno, tanto per ricordarlo, in cui i Professori al governo prevedevano appunto la luce in fondo al tunnel.

Non sono migliori le cifre offerte dall’Inps. In sei anni sono stati erogati 5,4 miliardi di ore. Negli ultimi undici mesi sono state avanzate quasi due milioni di domande, un aumento del 35,5%.

Saremmo curiosi di sapere come si fa a trarre da questi dati motivi di ottimismo. O non  li si sa leggere (e lo escludiamo) o si fa facile demagogia sperando che gli italiani se la bevano.

Se poi al quadro fornito dall’Istat e dell’Inps si aggiunge che le famiglie sono letteralmente alla fame, spolpate dalla più massiccia operazione fiscale messa in campo negli ultimi vent’anni, sotto la quale ricadono casa e beni di prima necessità con conseguente calo dei consumi, si ha la netta percezione di un Paese in bancarotta. Si dovrebbe stare meglio con lo spread sulla soglia dei 200 punti, secondo Letta, invece non è così. Gli arcana della finanza combinati con i pasticci di governanti francamente inadeguati danno questo risultato. Si dice che ad un esecutivo così composito, d’emergenza, di scopo (ma quale?) non si può chiedere di più. Una classe politica che ne fosse convinta affretterebbe l’approvazione di una qualsivoglia legge elettorale e rimanderebbe a votare gli italiani al solo fine di avere un governo realmente politico, dunque non rabberciato, capace di assumere decisioni in conformità al mandato ricevuto. Ma questo, purtroppo, in Italia è un sogno.

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