Il delirio di onnipotenza di Riina dal carcere: «A Dalla Chiesa diamogli il benvenuto»

22 Gen 2014 20:37 - di Guglielmo Federici

Sconcertano i deliri di onnipotenza dal carcere di Totò Riina: progetta attentati, minaccia, medita vendette, giudica la politica italiana come un opinion maker, racconta come in una sorta di memoriale dal carcere episodi efferati con la crudeltà disinvolta per la quale non a caso gli era stato affibbiato  il soprannome “la belva”. Ottantatré anni, in cella da ventuno, non ha ritegno nei brani di conversazione intercettati  tra lui  e il capomafia pugliese Alberto Lorusso, messi agli atti del processo sulla trattativa Stato-mafia. Parla della morte di Falcone. «Meno male che lui si è voluto mettere là al posto dell’autista, se no si salvava, disgraziato. Una trovata migliore l’ha potuta trovare lui solo», dice a proposito dell’attentato al giudice che il 23 maggio ’92, tornando da Roma, decise di guidare l’auto blindata, fatta saltare in aria col tritolo, e prendere il posto dell’autista. Il magistrato morì mentre l’autista, seduto dietro, sopravvisse. Altra “perla”: «Quando ho sentito alla televisione che il generale Dalla Chiesa era stato promosso prefetto di Palermo per distruggere la mafia ho detto: “prepariamoci. Mettiamo tutti i ferramenti a posto, tutte le cose pronte per dargli il benvenuto”», racconta in un’altra conversazione in carcere intercettata. «Lui – aggiunge – gli sembrava che veniva a trovare qua i terroristi. Gli ho detto: “qua il culo glielo facciamo a cappello di prete”». Il boss corleonese ricorda poi il disappunto di uno dei killer del commando, Pino Greco Scarpuzzedda che si lamentò per essere arrivato tardi e non avere potuto sparare per primo. Non risparmia commenti sulla vita privata del generale e sul suo matrimonio con Emanuela Setti Carraro. Sapendo di essere intercettato, è come se Riina volesse rimettersi addosso i panni del leader carismatico di Cosa Nostra, intimidendo, ricattando, minacciando.

«Si fottono l’agenda, si fottono l’agenda», dice ridendo mentre parla della strage di via D’Amelio. Il riferimento sarebbe all’agenda rossa, poi scomparsa, del giudice Paolo Borsellino. Mentre Lorusso parla della strage come di «un romanzo storico importante, questo è un genio da romanzo mondiale, altro che romanzi Guerra e Pace». E Riina risponde: «Per questo è passata nella storia questa cosa – aggiunge – è passata nella storia sempre, perché è una storia che non si può mai, mai, mai cancellare questa», dice parlando di sé come l’autore di un “capolavoro”. Ancora «C’era una mattanza: Andreotti, suo figlio», racconta confermando che Cosa nostra agli inizi degli anni ’90 aveva pronta una lista di politici da eliminare.

Parla a 360 gradi. Discetta anche di Barbara Berlusconi: «Barbarella è potentosa come suo padre – dice – perché si è messa quello sotto, lui era un potente giocatore e non ha potuto giocare più». Spinto da Lorusso, che discute animatamente del caso Ruby, Riina commenta anche le notizie relative a regali in denaro che Berlusconi avrebbe fatto ad alcune ragazze. «Mubarak, Mubarak – dice riferendosi alla versione data dall’ex premier su Ruby nipote di Mubarak – che disgraziato. Veda che – spiega riferendosi probabilmente all’ex premier – è un figlio di puttana che non ce ne è (come pochi ndr)». Poi commenta: «Andreotti era il massimo politico di tutti i tempi…Quello era grosso… Berlusconi di fronte ad Andreotti è come le formiche nell’olio». Segnali di fumo? Messaggi cifrati?

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