Il pasticcio elettorale è sempre più indigesto. E in aula si rischiano trappole e inciuci

28 Gen 2014 11:17 - di Gennaro Malgieri

Il ritiro di tutti gli emendamenti alla legge elettorale da parte di Forza Italia e del Partito democratico, in Commissione Affari Costituzionali, dovrebbe favorire un’accelerazione dell’approdo in Aula e  una spedita approvazione. Ma non è così. L’iniziativa rivela le difficoltà di condurre in porto la  contraddittoria normativa sulla quale si addensano, giorno dopo giorno, più problemi di quanti dovrebbe rivolverne.

La soglia di sbarramento per guadagnare il premio di maggioranza; quella d’ingresso in Parlamento delle forze politiche; la norma “salva Lega” per garantire la rappresentanza a chi è radicato in una parte considerevole del territorio; la delega al governo per ridisegnare i collegi elettorali: sono tutti temi di difficile soluzione. Ecco perché restano in campo ancora 250 emendamenti dal cui rigetto o accoglimento dipenderà l’esito della legge elettorale. Per agevolarne il cammino sembra che si rivedranno (forse oggi stesso, ma il portavoce dei democrat ha smentito) Berlusconi e Renzi. Tuttavia, per quanti aggiustamenti potranno apportare resta il fatto che non possono rimangiarsi l’accordo siglato e dunque a tutti i costi devono mantenere in vita l’impianto su cui la legge dovrà essere costruita.

E se non dovessero riuscirci? Non dimentichiamo che la trappola del voto segreto potrà creare uno scompiglio tale da far saltare la stessa legislatura. In tal caso si aprirà uno scenario dal quale dipenderà lo stesso destino del sistema politico italiano. Consapevoli di questo pericolo, è evidente che tanto Forza Italia quanto il Partito democratico faranno di tutto per tenere in piedi il progetto sfidando non soltanto i partiti minori, ma le stesse nomenclature che nei due partiti guardano con disappunto al progetto messo in campo.

Un progetto, è bene ribadirlo, che metterebbe il governo nelle mani di una minoranza: una roba talmente poco democratica da non avere riscontro in nessun Paese occidentale. Se anche una coalizione ottenesse il 24-25%  – cifre verosimili stando ai sondaggi di opinione – con il bonus del 18% dopo il ballottaggio guadagnerebbe la maggioranza assoluta dei seggi alla Camera: la famosa “Legge Acerbo” del 1923 al confronto è un esempio da rivalutare, peraltro fu votata anche da De Gasperi oltre che da numerosi fior di antifascisti. Ma questa? E’ possibile che in una democrazia parlamentare si produca una sorta di “dittatura delle minoranze”, dimenticando che i governi in un tale sistema nascono nelle Camere dei rappresentanti?

Se si vuole dare stabilità e garantire la rappresentatività, bisogna modificare in senso presidenzialista la Costituzione. Ma da quest’orecchio i partiti non ci sentono e si attardano a studiare modelli come l’Italicum, stigmatizzato da par suo da Giovanni Sartori e ridicolizzato da numerosi costituzionalisti ed esperti di diritto parlamentare. Insomma, una legge elettorale deve essere coerente con il sistema politico-costituzionale. Diversamente si rischia un pasticcio dal quale sarà difficile poi venirne fuori. Come è accaduto con il Porcellum.

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