Laurea in Storia ma senza studiare l’Unità d’Italia. È possibile. Accade all’università di Bologna (e non solo)
Gli studenti dell’ateneo bolognese devono fare a meno della storia del Risorgimento. Anche se si laureano in Storia. Un “buco” che colpisce nei piani di studio ma cui nessuno sembra voler porre rimedio visto che i programmi offerti dal corso di studi si interrompono con i moti del 1831 e con l’insurrezione nazionale del 1848, per ripartire poi dalla fine dell’Ottocento. Mancano proprio quei quarant’anni che sono stati decisivi per l’unità d’Italia. Una svista? Una scelta voluta? I docenti interpellati spiegano che il caso non riguarda solo Bologna ma molte altre università dove la storia del Risorgimento risulta in declino o è addirittura scomparsa.
Un periodo che, nella complessa e relativa periodizzazione della Storia, è sempre stato al centro di dibattiti. Gli uomini che fecero l’Italia – i Mazzini, Cavour, D’Azeglio, Garibaldi, fino a Depretis e Giolitti – in questo modo non vengono affrontati dagli studenti. Per il professore Gian Paolo Brizzi, del corso di Storia Moderna, ”il tema non si è aperto solo a Bologna, ma è ampiamente diffuso nel nostro Paese”. Il professore ha spiegato che ”con l’espansione accademica della Storia contemporanea gli storici contemporaneisti hanno prima assunto la partizione cronologica 1815-1945 poi, assecondando i propri interessi di ricerca, hanno abbandonato l’Ottocento specializzandosi sul XX secolo, mentre Storia del Risorgimento decadeva rapidamente dopo gli anni Sessanta”. Il vuoto che si è creato a livello nazionale è uno dei temi che le ”associazioni storiche dibattono e che ha prodotto una prima estensione dei manuali più recenti di Storia moderna al 1848”. Brizzi ha comunque riconosciuto ”l’esigenza di formulare una soluzione concordata fra le varie discipline storiche che assicuri una conoscenza del XIX secolo che non sia affidata alla diligenza di qualche docente”.
Il vuoto ha comunque stupito il direttore del Dipartimento di Storia cultura e civiltà di Bologna, Giuseppe Sassatelli, che si è detto all’oscuro del problema. ”Non c’è alcun limite nell’insegnamento di ciascun professore, ognuno può coprire gli aspetti che preferisce – ha spiegato – certo è che lasciare dei buchi dall’antichità ad oggi è deleterio per gli studenti”. Sassatelli ha anche fatto una promessa: ”Prendo atto della situazione e mi faccio carico di questa mancanza, è un impegno che prendo personalmente”. Il problema era già stato posto dal professore Paolo Prodi, che lo aveva definito ”ambiguo”. Nel suo saggio Introduzione allo studio della storia moderna aveva spiegato che ”dopo gli sviluppi degli ultimi decenni e la marginalizzazione della Storia del Risorgimento si ha nell’insegnamento universitario quasi un buco nero o terra di nessuno che ricopre gran parte dell’Ottocento e che si estende almeno sino alla prima guerra mondiale”.