Legge elettorale, Renzi non incontra Berlusconi. E Forza Italia non ritira gli emendamenti
«Per quanto riguarda me e i miei presunti incontri di oggi, io sono a Firenze a inaugurare la nuova pista ciclabile di via Malibran». Su Facebook Matteo Renzi ha smentito le voci circolate in nottata in ambienti parlamentari su un suo possibile incontro con Berlusconi. La voce si era fatta strada dopo la chiusura degli azzurri all’ipotesi di accordo per la modifica al testo dell’Italicum per alzare dal 35% al 38% la soglia per ottenere il premio di maggioranza al primo turno. Renzi, che in un primo momento pensava di aver strappato a Forza Italia l’apertura di un accordo per modificare il testo ha incassato il colpo a denti stretti. Di prima mattina si è recato alla sede del partito dove ha fatto il punto con alcuni dei suoi. A Sant’Andrea delle Fratte si sono visti, tra gli altri, il ministro degli Affari Regionali, Graziano Delrio, e alcuni componenti della segreteria come Davide Faraone e Maria Elena Boschi. Il sindaco ha poi lasciato la sede del Pd e lui stesso su Facebook ha fatto sapere che oggi pomeriggio dovrebbe essere a Firenze. Quindi niente incontro con il Cavaliere. Poi su Fb è tornato a parlare della legge elettorale: «Bene, adesso tocca al Parlamento. Personalmente non mi farò ingabbiare nelle stanche liturgie della politica tradizionale: le carte sono in tavola, nessuno può bluffare. Se qualcuno vuole far saltare tutto, lo faccia a viso aperto e lo spieghi al Paese». E ha lanciato un segnale agli azzurri nella speranza che l’intesa possa essere raggiunta: «Tutto è migliorabile, ma l’accordo sulla legge elettorale dopo anni di immobilismo adesso c’è, corrisponde al dettato costituzionale, può far uscire l’Italia dalle sabbie mobili». Su Facebook Renzi ha cercato di ammorbidire gli animi: «Rispetto le motivazioni di chi in queste ore sta disperatamente cercando di bloccare tutto, qualcuno persino in buona fede. Ma fuori dalle stanze dei palazzi c’è un Paese che ha bisogno di gesti concreti di cambiamento. Ora, non tra qualche anno. E una politica che non decide neanche sulle regole del gioco, non è più credibile su niente». Ha dunque spiegato che «il Pd ha fatto la sua parte, coerente con le primarie e con il voto della direzione. Abbiamo dato la disponibilità a ridurre il premio di maggioranza per accogliere il rilievo di parlamentari e costituzionalisti. Ieri ho chiesto ai nostri deputati di ritirare gli emendamenti per evitare ogni alibi sulle divisioni interne». E infatti di tutti gli emendamenti presentati in Commissione Affari costituzionali ne sono rimasti solo tre e riguardano i tre punti concordati ieri sera alla riunione del gruppo con il segretario Renzi. Le tre proposte di modifica riguardano la delega al governo per definire i collegi, l’innalzamento della soglia per il premio di maggioranza dal 35 al 38%, e le primarie facoltative ma definite per legge. Forza Italia non ha ritirato i suoi emendamenti, gli azzurri tengono il punto sul no alle preferenze, all’abbassamento delle soglie di sbarramento e alla delega al governo per disegnare i collegi. Sull’intera vicenda ha fatto sentire la sua voce Giorgia Meloni: «Su diktat di Renzi il Pd ha ritirato tutti gli emendamenti che aveva presentato perché questo accordo non si può discutere. Abbiamo due leader di due grandi partiti che vogliono propinarci una legge elettorale che rimette tutte le scelte nelle mani di due o tre persone e regala all’Italia il peggio visto fino ad ora, a partire dalle liste bloccate. Su questo tema la scelta di Renzi è chiara: dice che voleva le preferenze e Berlusconi ha detto no, ma quando in un accordo sei il soggetto forte, termini e condizioni li stabilisci tu. Credo perciò che a Renzi le liste bloccate vadano benissimo. Primarie alternative alle preferenze? Solo con regole e modalità stabiliti dalla legge, altrimenti sono delle “preferenze con licenza di barare” e dunque un altro modo per prendere in giro gli italiani. Fratelli d’Italia ha presentato l’emendamento per normarle e renderle obbligatorie per tutti i partiti, vedremo se il Pd voterà a favore».