Legge elettorale: una surreale vicenda che diverte soltanto Renzi e Berlusconi. Gli altri faranno gli extraparlamentari
Basta guardare in faccia i protagonisti della surreale vicenda della riforma elettorale, per capire come nessuno ci creda a quello che si sta tentando di fare. O, almeno, nessuno può dirsi entusiasta della soluzione escogitata e degli “aggiustamenti” sopravvenuti. Ma il bello, per così dire, deve ancora arrivare. Quando la proposta, articolata nel modo che sappiamo arriverà davanti alla Commissione Affari costituzionali di Montecitorio e poi, a meno di impantanamenti sempre possibili in questi casi, in Aula, anche coloro i quali hanno espresso timidissime soddisfazioni per l’accordo raggiunto si ricrederanno. Con tutta probabilità la proposta di legge verrà stravolta dal gioco emendativo – in questo i parlamentari sono bravissimi, insuperabili – e quel che ne uscirà assomiglierà ben poco a ciò che era stato stabilito.
Comunque, contenti per il risultato fin qui ottenuto sono solo in due: Renzi che ha affermato la sua leadership (ma fino a quando? Dovrebbero essere valutati meglio i danni collaterali delle primarie) e Berlusconi che è rientrato in gioco alla grande, nuovamente protagonista della scena politica: è questa la “grande bellezza” italiana, comunque la si pensi, altro che il film candidato all’Oscar.
Tutti lo davano per morto politicamente, finito, dimenticato, malinconicamente in compagnia di Dudù ed invece è resuscitato. Nessun analista europeo sa spiegarselo. Un giornalista francese mi ha appena domandato se Berlusconi non sia “immortale”. Non ho saputo rispondere nulla, me la sono cavata con un sorriso. Di certo, è il più abile di tutti i suoi competitori. Con il sistema elettorale escogitato, rimetterà su il centrodestra, ma non farà toccare palla agli alleati dei cui voti si servirà per metterli alla porta, per non farli entrare in Parlamento. E’ probabile che Alfano ce la faccia a superare la soglia del 5%, ma gli altri? Tutti fuori dal Palazzo. Non basta, com’è evidente, arrivare al 35% o vincere il doppio turno di coalizione: ogni partito deve fare da se. E, se così rimarranno le cose, non saranno più di quattro i gruppi che entreranno alla Camera (il Senato, nelle intenzioni dei riformatori, non dovrebbe più esistere).
Governabilità e rappresentatività è stato sempre difficile coniugarli, Ma adesso, con il nuovo sistema (sempre che verrà davvero varato: si teme un big bang che fa saltare tutto in considerazione del fatto che Renzi a Palazzo Madama dispone soltanto di 25 senatori su 108) diventa impossibile. Bisogna accontentarsi, almeno fino a quando qualcun altro non s’inventerà un altro giro di valzer. La storia continua…
Invece sembra essersi fermata nel Pd. Se soltanto 34 membri della direzione si astengono alla relazione del segretario, francamente non si capisce dove sta l’opposizione che si pretende addirittura “feroce” a Renzi. Forse perché Cuperlo s’è adontato, ha preso il cappotto e se n’è andato quando gli è stato ricordato che lui era nel listino bloccato delle primarie? Ma via. Ha abbandonato il governo Fassina per un’altra battuta all’acido prussico di Renzi e non ci pare sia accaduto nulla di irreparabile. Forse nel Pd dovranno rendersi una buona volta conto che lo zoccolo duro post-comunista, Ds insomma, è diventato minoritario. Lo hanno certificato le primarie. E chi le ha volute le primarie? Dopo aver smantellato sezioni, congressi, luoghi di discussione ed aver innalzato a strumento di formazione politica, oltre che di veicolazione del consenso, twitter, cos’altro si aspettavano i “duri e puri”, ultimi giapponesi di un mondo estinto per la loro incapacità di vedere i pericoli della fine della politica dietro l’apparizione di fenomeni mediatici che non hanno saputo governare.
Si prendano adesso l'”Italicum”, o come altro vogliono chiamarlo, e si attendano pure che il “loro” segretario non li metta nelle vituperate liste bloccate che, ovviamente, andavano benissimo quando le facevano Veltroni o Bersani. Con i risultati che si sono visti.