Marò, l’India ci riprova e parla di pena di morte. In ballo c’è la campagna elettorale. Entro due-tre giorni si decide

10 Gen 2014 12:45 - di Redazione

Un incontro segreto fra i ministri indiani della Giustizia, Kabil Sibal, degli Esteri, Salman Khurshid, e degli Interni, Sushil Kuman Shinde. E’ nel corso di questo minivertice avvenuto ieri che sarebbe maturata la decisione da parte del governo indiano di imprimere una svolta clamorosa e inattesa al caso dei marò italiani trattenuti in India: il via libera alla polizia indiana Nia per presentare un rapporto sulla vicenda utilizzando una vecchia legge indiana sul contrasto della pirateria che prevede la pena di morte. 
Un atteggiamento di chiusura inatteso che cambia completamente le carte in tavola nella lunga trattativa fra l’Italia e l’India ed espone nuovamente Massimiliano Latorre e Salvatore Girone al rischio concreto della pena di morte.
«Il governo italiano mostrerà la necessaria inflessibilità sulla vicenda dei marò», avverte il ministro italiano della Difesa, Mario Mauro. Che fa notare come «la campagna elettorale in India si sta avvicinando in modo prepotente». Insomma all’origine della nuova decisione indiana, svelata al quotidiano locale Hindustan Times da un funzionario di New Delhi che si trincerà dietro l’anonimato, vi sarebbe la necessità di raccogliere consensi elettorali fra la popolazione utilizzando strumentalmente il caso dei due marò. Di qui l’accordo raggiunto fra i tre esponenti governativi indiani.
Il nuovo rapporto accusatorio che la National Investigation Agency indiana dovrebbe consegnare basa sulla sezione 3 della Legge per la repressione degli atti illeciti contro la sicurezza della Navigazione marittima e le strutture fisse sulla piattaforma continentale, il cosiddetto “SUA Act”, il quale prevede che chi «causa la morte di una qualsiasi persona sarà punito con la morte».
La situazione, spiega l’Hindustan Times facendo proprie le parole del funzionario che avrebbe rivelato l’incontro al vertice di ieri, era entrata in fase di stallo qualche tempo fa poiché, sostiene il quotidiano indiano, c’era stata un’assicurazione da parte del governo indiano e, in particolare, dal ministero degli Esteri indiano all’Italia, che il caso dei marò non rientrava fra quelli “rarissimi” a cui e’ applicabile la pena di morte.
Tuttavia, dopo l’incontro di ieri che avrebbe messo d’accordo i tre ministri indiani sulla posizione comune da tenere sulla vicenda lo scenario è pesantemente cambiato.
Alla base delle convinzioni degli investigatori della Nia, la convinzione che i due fucilieri di marina non adottarono tutte quelle procedure che sono previste nei casi di attacchi in mare.
In particolare la Nia intende contestare ai marò nel suo rapporto che non lanciarono avvertimenti, non utilizzarono altoparlanti, ne’ spararono in aria prima di colpire i due pescatori a bordo del St.Antony in avvicinamento.
Non tutti, però, in India, sono convinti che le cose stiano effettivamente così lasciando invece intravedere anche quello che appare come un braccio di ferro in corso laddove il ministero dell’Interno è molto cauto e, invece, la National Investigation Agency, preme per un’escalation drammatica della vicenda.
Secondo il quotidiano Mail Today, che cita anch’esso un anonimo funzionario del ministero dell’Interno, la vicenda galleggia in una specie di «limbo» nell’attesa che venga fornito un parere legale solido e inattaccabile. Ma, in questo senso, va detto che proprio un anno fa, il 18 gennaio 2013, la Corte Suprema indiana aveva indicato quali erano i quattro strumenti legislativi che dovevano necessariamente essere utilizzati per trattare la vicenda dei due marò. E fra questi strumenti non c’era il Sua Act.
Di fatto, davanti alle speculazioni giornalistiche dell’Hindustan Times, è lo stesso ministro dell’Interno indiano, Sushil Kuman Shinde, a frenare sulla questione smentendo in qualche modo la ricostruzione fatta dal quotidiano rispetto alla riunione dei titolari dei tre dicasteri: La decisione di come proseguire il processo ai due fucilieri di Marina italiani non è stata ancora presa, sottolinea Shinde, ma sarà presa «entro due o tre giorni».

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