Marò, l’India verso un passo indietro sulla pena di morte. Il ministro degli Esteri di New Delhi: «Non sono terroristi»
Dall’India arriva un primo segnale, dopo l’irrigidimento della posizione italiana sulla vicenda dei due marò. Secondo la stampa locale, il ministero dell’Interno indiano starebbe valutando l’ipotesi di abbandonare il ricorso al Sua Act, la Legge antipirateria, nella formulazione dei capi d’accusa nei confronti di Salvatore Girone e Massimiliano Latorre. Una decisione di questo tipo libererebbe il campo dal rischio di una condanna alla pena di morte, prevista da quella legge come unica opzione per «chiunque provoca la morte (in mare) di un indiano». La notizia, anche se trapelata come indiscrezione, ha un suo rilievo, perché dà la misura che qualcosa si stia sbloccando all’interno del governo indiano, dove sono sempre emerse frizioni tra i ministeri degli Esteri e della Giustizia, più dialoganti con le autorità italiane, e quello degli Interni, che finora non si era dimostrato disponibile a lasciare la competenza sul caso. «I due marò italiani possono avere ecceduto nelle loro funzioni, ma non sono terroristi», ha ribadito anche oggi, in un’intervista all’emittente Ndtv, il ministro degli Esteri, Salman Khurshid, incolpando l’ex sottosegretario agli Interni, R. K. Shinde, del «disastro» provocato dall’uso della Nia, la polizia nazionale che ha la competenza sul caso, e della legge per la repressione della pirateria. Khurshid quindi ha ribadito che il caso dei due marò non è tra quelli «rarissimi» a cui in India si può applicare la pena di morte. «Quando l’Italia mi dice che sono passati due anni e che ancora non ci sono i capi d’accusa mi sento imbarazzato», ha aggiunto il ministro, commentando che «avremmo potuto semplicemente processarli e dire agli italiani che i loro marò erano, o no, colpevoli». I segnali di oggi, dunque, fanno ben sperare sull’efficacia delle nuove misure adottate dall’Italia e, in particolare, sul ricorso alla Corte Suprema in cui si sollecita un intervento del massimo tribunale indiano perché «si presentino subito i capi d’accusa senza l’utilizzazione della legge antiterrorismo, il Sua act» o «si autorizzino i marò a rientrare in Italia per attendere i tempi del processo indiano». A quanto si è appreso da fonti giudiziarie, la Corte potrebbe esaminare il ricorso «nei primissimi giorni della prossima settimana». Intanto, però, in Italia prosegue anche l’iniziativa del Parlamento che, con il via libera alla missione in India, ora affianca ufficialmente il governo nel tentativo di dirimere il caso. «Abbiamo apprezzato l’iniziativa della commissioni Esteri e Difesa per l’invio di una delegazione parlamentare in India», ha detto il deputato di Fratelli d’Italia Fabio Rampelli, chiarendo che il giudizio sull’operato di Emma Bonino resta critico e che FdI aspetta il ministro degli Esteri «al varco» del confronto parlamentare. Non è stata l’unica puntualizzazione che si è resa necessaria in giornata. Un’altra è stata rivolta al Movimento 5 stelle, che sull’approvazione della missione ha tentato di intestarsi la battaglia in difesa dei marò. «Se la questione non fosse stucchevole sarebbe facile dimostrare che su pensioni d’oro, difesa dei marò e fiscal compact, Fratelli d’Italia è da sempre in prima linea. Ma questa guerra tra opposizioni che ricorda “i capponi di manzoniana memoria” finirebbe per giovare solo al governo e alla maggioranza», si legge in una nota congiunta dei fondatori di FdI Giorgia Meloni, Ignazio La Russa e Guido Crosetto. «Perciò – prosegue il comunicato – abbiamo oggi votato una mozione dei 5 Stelle e non ci scandalizziamo se finalmente dopo aver paragonato i nostri militari ai terroristi, ora i grillini si uniscono a noi nel chiedere di salvare i due marò o si interessano in qualche modo a contrastare le pensioni d’oro. Il resto è inutile propaganda». E sempre da FdI è arrivata un’altra proposta che trova appoggi trasversali. Dopo la decisione del presidente della Provincia di Monza e Brianza, Dario Allevi, di non partecipare al ricevimento per la Giornata nazionale della Repubblica dell’India, il capogruppo in Regione Lombardia Riccardo De Corato e l’eurodeputato Carlo Fidanza hanno indetto un presidio di protesta sotto Palazzo Clerici, dove è previsto il Gala, e hanno lanciato un appello a disertare l’evento. Appello che, secondo le prime indiscrezioni, sarebbe stato accolto dal sindaco di Milano, Giuliano Pisapia.