Molesta un’alunna, bidello trasferito dalle medie alle elementari (dove ha colpito ancora)
Puoi essere un pedofilo e fare il bidello? In Italia lo puoi fare. Basta infatti un’autocertificazione e confidare sul fatto che nessuno al ministero dell’Istruzione si prenderà la briga di andare a verificare i tuoi precedenti. La conferma arriva da uno sconcertante fatto di cronaca riportato dal Messaggero. Un sessantenne di origini napoletane aveva collezionato già due condanne per violenza sessuale su minore, una nel 1991 dal tribunale di Santa Maria Capua Vetere l’altra nel 2007 per violenza sessuale su un’alunna di una scuola media romana. Tutto questo non gli ha impedito di continuare a fare il bidello, di venire trasferito, stavolta in una scuola elementare, dove ha abusato di un bambino di dieci anni. «Per vent’anni ha fatto il bidello in diversi istituti di Roma – scrive il quotidiano – e difficilmente potrà tornare tra aule e grembiuli. La sua doppia vita è stata scoperta. L’uomo, dopo aver incassato la prima condanna nel 1991 (1 anno e 9 mesi, pena patteggiata e sospesa), aveva infatti firmato un’autocertificazione in cui sosteneva di essere incensurato. E così anni dopo, in seguito a un’altra condanna per pedofilia arrivata nel 2007 (due anni di carcere con rito abbreviato) aveva pensato di mentire di nuovo sulla fedina penale, avendo solo l’accortezza di chiedere il trasferimento dalla scuola». Dalle indagini, del 2008 della Procura di Roma, emerse un caso in fotocopia a quello che aveva visto come vittima l’adolescente di qualche anni prima nella scuola media. In questa occasione, tuttavia, la vittima era ancora più piccola. Nessuno all’istituto capitolino di via Merulana si era accorto degli abusi, ma era stata la madre del piccolo, insospettita dai racconti sui “giochi” ai quali era sottoposto il minore da parte dell’assistente scolastico, a presentare la denuncia alla magistratura. Ieri è arrivata la terza condanna (sei anni di carcere e radiazione dal servizio per il pedofilo), ma il giudice in questo caso ha anche condannato lo Stato italiano a un risarcimento danni alla famiglia della vittima.