Nell’insalatona d’inizio anno Renzi infila (malamente) anche l’euro
La sovraesposizione mediatica gli ha dato decisamente alla testa. Così Renzi non si è preoccupato di dare un minimo di coerenza e fondamento alla vera e propria sventagliata di proposte con la quale ha inaugurato il nuovo anno. Si tratta di un’insalata in cui c’è di tutto e di più: dalla legge elettorale alla riforma del titolo V della Costituzione, dalle unioni civili allo sforamento del vincolo del 3 per cento stabilito dal Trattato di Maastricht. L’impressione è quella di una serie di dichiarazioni ad effetto, volte a colpire questo o quel segmento di opinione pubblica, con un pizzico di ostentato iperattivismo e di “politica del fare” che non guasta mai. «Oggi, primo giorno lavorativo del 2014, dobbiamo dimostrare di aver chiaro che non possiamo perdere neanche un secondo»: così sentenzia il segretario del Pd nella lettera ai partiti posta in allegato alla sua enews. Gli annunci roboanti continuano a non costare nulla pur in un Paese disilluso, prostrato e impoverito come l’Italia.
Ma che cosa c’è sotto la superficie iridescente? Al momento non molto. Soprattutto quando il sindaco di Firenze affronta temi tutt’altro che semplici come quello dei vincoli europei. «Avviso ai naviganti: Renzi su euro ed Europa non sa di che parla», ironizza Gianni Alemanno, che pone anche in rilievo l’insostenibile leggerezza del Renzi-pensiero: «Non solo difende ottusamente l’euro, ma pensa che il problema dell’Italia sia il limite del 3% deficit-Pil del trattato di Maastricht. Avvertitelo che il Fiscal Compact e il Patto di stabilità impongono all’Italia vincoli molto più devastanti di Maastricht, ovvero il pareggio di bilancio e un taglio di 50 miliardi di euro. Spiegategli che se l’Italia non minaccia l’uscita dall’euro rischia di trovarsi commissariata entro il 2014. Il modernissimo Renzi sull’Unione Europea è rimasto indietro di 20 anni!». Ma ce lo vedete il segretario del Pd, coccolato oggi da tutti i salotti buoni, mettersi ad avanzare proposte realmente dirompenti? Molto più comodo avanzare proposte su cui, sulla carta, c’è un consenso pressoché unanime. O quasi: nella sua smania di piacere alla gente che piace, il rampante segretario del Pd abbraccia anche la causa delle unioni civili. E si busca un altro attacco da destra. Questa volta di Maurizio Gasparri: «Renzi, come previsto, detta un’agenda di sinistra e parte dalle unioni civili. Che faranno i cattolici aggrappati a maggioranza e governo? E non è che l’inizio. Sarà un crescendo. Mentre è urgente una politica per la famiglia. Noi diamo priorità a una legge elettorale bipolare per andare presto al voto e affidare agli italiani la scelta di un vero cambiamento, per buttare a mare regole europee sbagliate, per scegliere il presidenzialismo, per tornare alla legge Biagi che creava lavoro e cancellare le leggi Monti-Napolitano che lo distruggono».
L’unico terreno su cui Renzi potrà combinare qualcosa di buono è quello della riforma della legge elettorale. E in tal senso c’è da registrare l’apertura venuta da Berlusconi: «Colgo con positività il metodo proposto dal segretario del Pd Matteo Renzi sia rispetto alla possibilità di incontri e consultazioni bilaterali, sia rispetto al fatto che abbia messo sul tavolo diverse ipotesi, tra le quali c’è certamente una soluzione ragionevole, utile a garantire governabilità piena, un limpido bipolarismo e chiarezza di scelta per gli elettori». Subito dopo il leader di Forza Italia però avverte: occorre un election day «per garantire una alta partecipazione».
Rimane in ogni caso il fatto che lo spirito con il quale il segretario del Pd si accosta al tema delle riforme istituzionali appare ancora piuttosto lontano dal cuore dei problemi. «Con la trasformazione del Senato in Camera delle autonomie locali si può risparmiare un miliardo di euro». Nessuno ha avvertito Renzi che il motivo vero e profondo della riforma del bicameralismo non è tanto quello della riduzione della spesa pubblica quanto quello dello snellimento del processo legislativo? Affidereste voi il Paese a uno che ignora questa semplice, ma fondamentale regola istituzionale?