Non resta che un Letta bis per fermare la decomposizione del governo. Il rimpasto non basta

27 Gen 2014 9:33 - di Gennaro Malgieri

E due. Dopo le dimissioni di Josefa Idem, quelle di Nunzia De Girolamo. Il governo continua a perdere pezzi. Ed altri ne perderà nei prossimi giorni. Rimpasto non è più una parolaccia. E’ una necessità alla quale piegarsi improcrastinabilmente. Quel che rimane della fiducia nell’esecutivo di questo passo si estinguerà del tutto. Sempre che non vengano presi provvedimenti netti che possano dare respiro ad una compagine visibilmente logorata.

Ma l’abbandono della De Girolamo non è comunque una “boccata d’ossigeno” per Letta che non l’ha difesa – secondo la versione della stessa ministra – ed anzi l’ha considerata un “ingombro” fin da quando si è manifestata la poco edificante vicenda sannita. Adesso deve fare i conti con i contraccolpi che le dimissioni provocheranno. L’effetto domino è inevitabile. Via la De Girolamo, il Nuovo centrodestra verrà fatalmente ridimensionato. Dentro ministri di osservanza Pd ed in particolare di confessione renziana. L’esecutivo cambierà volto. Difficilmente muterà orientamento politico a meno che la controversa legge elettorale non inneschi ritorsioni di fronte alle quale nulla potranno fare Napolitano e Letta se non trarre le oggettive conseguenze.

Per quanto le elezioni si allontanino (ma non è detto che un “incidente” non possa determinare la fine repentina della legislatura), resta nell’aria un senso di provvisorietà che certo non aiuta il governo ad andare avanti  e men che meno a farsi promotore di quella vasta opera di riforme annunciata al momento del suo insediamento. Si sta, insomma, come sospesi in attesa delle prossime mosse che fatalmente s’intrecceranno con il nuovo corso del Pd dal quale vengono le pressioni più forti per ricambi nell’esecutivo che sia dal Quirinale che da Palazzo Chigi non possono che essere viste come “pericolose” per gli inevitabili scossoni che produrranno.

A Letta non resterebbe, ragionevolmente, che formare un altro esecutivo piuttosto che rappezzare l’attuale. Un bis glielo concederebbero tutti i membri della coalizione che lo sostiene. E si toglierebbe d’impaccio invocando il mutato scenario a giustificazione del “nuovo patto” da sottoscrivere con il Parlamento per arrivare alla primavera del 2015.

Avrà la forza per fare questo passo che pure presenta molte insidie? Vedremo. Intanto crescono i malumori sulla legge elettorale. Si pensa di innalzare la soglia per ottenere il premio di maggioranza e di abbassare quella per l’accesso in Parlamento da parte delle forze politiche minori. Ma, in questo caso, neppure il 4% mette al riparo le forze in coalizione dalla possibilità di restare escluse. Come la prenderanno coloro che saranno condannati a fare i portatori d’acqua e poi a non entrare in Parlamento?

Governabilità e rappresentanza non sono mai andate molto d’accordo. Con la legge elettorale in discussione diventa impossibile contemperare l’esigenza di assicurare la prima senza deprimere la seconda. Il cammino sarà ancora lungo e difficile.

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