Sabato 18 gennaio, è nata la Terza Repubblica. Ma, al momento, solo sul piano simbolico
La notevole portata dell’incontro tra Renzi e Berlusconi la si coglie più nelle sfumature, nei toni piuttosto che nei contenuti. Se un leader del Pd parla di «profonda sintonia» con il Cavaliere vuol dire che qualcosa è accaduto nei rapporti tra le maggiori forze politiche dopo vent’anni di “bipolarismo muscolare“. Renzi avrebbe potuto utilizzare altre parole, più paludate e meno enfatiche. Invece, ha detto proprio “profonda sintonia”: non è mai accaduto di udire una simile espressione per definire un accordo tra avversari politici in Italia. Una barriera psicologica è caduta. Bisognerà però vedere come la prenderà la base del Pd. Ed è probabile che una tempesta di critiche si abbatterà sul capo del leader in questo cruciale fine settimana. Ma l’atto di coraggio di Renzi resterà comunque nell’immaginario collettivo. E non sarà tanto facile cancellarlo. Allo stesso modo, fa sicuramente effetto sentire parlare Berlusconi di «cambiamento di rotta del Partito democratico». Fino a qualche settimana fa il Pd era il partito dei «miei carnefici». Anche qui il tono è rasserenato. Il tono è quello di un leader «normale» che parla in modo «normale» dei suoi avversari politici.
Detto questo, da lunedì comincia il cammino più difficile. Ci sarà la riunione della Direzione del Pd. E si annuncia già infuocata. Bisognerà certamente conoscere i dettagli dell’accordo sulla legge elettorale. Ma, anche su decisa sollecitazione di Ncd e Sc, sarà forte il tentativo di predisporre una legge che non penalizzi troppo le forze minori. Né facile si preannuncia il cammino delle riforme. L’intesa raggiunta sulla revisione del Titolo V della Costituzione (uno dei “regali” più sciagurati e disastrogeni che i governi di centrosinistra hanno lasciato in eredità agli italiani) e la fine del bicameralismo (il Senato verrebbe trasformato in «Camera delle autonomie») non è sufficiente, da sola, a garantire che questo ennesimo tentativo di cambiamento istituzionale vada effettivamente in porto: i leader dovranno fare i conti con il Parlamento; e trent’anni di riforme abortite consigliano cautela. Chi, in questo momento, rischia di più è indubbiamente Renzi: far ingoiare ai suoi il “rospo” di Berlusconi invitato nella sede nel Pd non è impresa semplice, dopo l’intrasigenza mostrata dai dem in occasione della decadenza del Cavaliere da parlamentare. Se qualcosa nel processo di riforma dovesse andare storto e se la Terza Repubblica non dovesse vedere la luce neanche questa volta, per Renzi non ci sarebbe scampo. Ma questo è anche un motivo per ritenere che il leader del Pd si impegnerà allo spasimo, nei prossimi mesi, per cambiare il volto della politica italiana (finora sono cambiati solo i volti). Intanto però sia Renzi sia Berlusconi hanno messo a segno sabato 18 gennaio un bel colpo dal punto di vista simbolico. E non è cosa da poco. I simboli non sono una parte residuale della politica. Ne sono uno dei fondamenti. Ma poi deve arrivare anche la sostanza.