Dopo la Concordia oggi va in onda lo “show” del recupero di un treno sospeso a picco sul mare
E dopo la rimessa in asse della Concordia arenata al largo dell’isola del Giglio, oggi è il giorno della rimozione ad Andora della motrice e di una carrozza dell’Intercity 660, deragliato il 17 gennaio scorso dopo esser stati investito da una frana. Già una settimana fa, un locomotore aveva agganciato le ultime tre carrozze per rimorchiarle fino alla stazione di Andora.
Tre dei quattro vagoni dell’Intercity, dunque, sono già stati scollegati dal locomotore e dal primo vagone per essere trasferiti alla stazione Mongrifone di Savona. Oggi, quindi, si è arrivati finalmente all’atto conclusivo di un dramma sfiorato, che mette la parola fine all’intera operazione ingegneristica.
Dunque, dopo gli interventi ad alto contenuto tecnologico messi in atto nei mesi scorsi sul gigante spiaggiato della Costa Crociere, questa è la giornata del recupero del treno in bilico sugli scogli di Capo Rollo, lungo la rotta Genova-Ventimiglia: due colossali operazioni di rimozione e smantellamento di un disastro al limite dell’incredibile che ha generato e coltivato una nuova passione voyeuristica, amplificata dal tam tam mediatico: il turismo dell’orrore rilanciato a colpi di immagini televisive e di foto postate e ritwittate. Istantanee del disastro che immortalano la collisione dirompente tra la forza della natura scatenatasi con le piogge abbondanti di 38 giorni fa, e la mano dell’uomo: come sottolineato subito dal procuratore di Savona, con quella terrazza di una villa a monte, rimasta per settimane sospesa sui vagoni e rimossa solo dieci giorni fa.
Un’operazione complessa, dunque, quella avviata questa mattina, la cui perfetta riuscita è legata anche alle condizioni metereologiche: per salvare il treno, sostengono infatti gli esperti in queste ore, è necessario che non ci siano onde, visto che la inedita e colossale rimozione dell’Intercity avverrà proprio dal mare che “incombe dal basso”. E allora, dopo sedici ore di navigazione, è arrivata a Capo Mimosa, nel comune di Andora, la superchiatta che dovrà spostare la motrice e una carrozza del treno deragliato. La chiatta, che ha lasciato il porto di Genova ieri pomeriggio alle 15.15, proseguirà i lavori iniziati di primo mattino per tutto il giorno. stando alle prime notizie, la chiatta con le cinque gru che lavoreranno al recupero ha iniziato le manovre di avvicinamento alla costa. Lo step successivo sarà l’ancoraggio della chiatta, propedeutico ai lavori di recupero e rimessa in linea del treno in bilico sul mare. Le manovre di accosto sono guidate da due rimorchiatori, con la sorveglianza in mare di Polizia e Guardia Costiera. Un intervento reso possibile dunque dall’avvicinamento della grande chiatta a 16 metri dalla costa, a cui prendono parte oltre 50 tecnici di Rfi, Trenitalia e della ditta Vernazza, che stanno manovrando la gru, dal cui braccio, alto oltre 60 metri, sono stati calati i cavi d’acciaio che consentiranno, grazie al controbilanciamento di una piccola gru posizionata a terra, di ricollocare la motrice sui binari. Un’impresa ardua, insomma, che tra prove tecniche di misurazioni, tatticismi complicati, situazioni inedite, professionismo e speranze e, soprattutto curiosità estrema, ha richiamato sul posto – come già accaduto per l’isola del Giglio – gli ormai immancabili “turisti del disastro”. I quali, incuranti di rischi e controlli, si avventurano continuamente nei pressi dell’area interessata, peraltro sequestrata dalla procura: protagonisti di un pellegrinaggio al convoglio pendente a picco sul mare che, come per i commercianti dell’isola toscana ieri, oggi soddisfa gli affari di chioschi e bar vicini al luogo della disgrazia. Ma che, tra l’“operazione chiatta”, (e quindi l’allestimento della superpiattaforma con le cinque gru), la messa in sicurezza del versante e la bonifica strutturale dei binari, oltre alla probabile perdita del locomotore («danneggiato e difficilmente recuperabile» a detta degli addetti ai lavori), i tecnici di Rfi che oggi sovrintendono ai lavori, «costerà circa 2 milioni e mezzo» di euro. A cui vanno aggiunti i costi sostenuti da Trenitalia (mancati introiti, costi dei bus sostitutivi), che devono però essere ancora quantificati.