Gli intellettuali che acclamavano Grillo come un salvatore chiederanno scusa?
Si sono ammutoliti gli intellettuali che nella scorsa primavera si sperticavano in lodi all’indirizzo dei grillini appena entrati in Parlamento. Lodi? Ma che dico. Autentici peana intonarono. Sulla loro freschezza, sui colori della società civile che esprimevano, sulla ventata di novità che portavano nel Palazzo. No, non potevano restare fuori da un accordo di governo con il Partito democratico. Bersani e compagni dovevano accoglierli nella coalizione “progressista” perché, in fondo, erano una parte della sinistra. Magari un po’ ruspante, ma quanto autentica. Fiorirono appelli, inviti, messaggi, dotti articoli ospitati su grandi giornali. Ma Grillo nicchiava. Non si commosse neppure davanti alle illustrissime firme in calce ad una lettera-petizione lanciata da “Repubblica” di Remo Bodei, Roberta de Monticelli, Tomaso Montanari, Antonio Padoa-Schioppa,Salvatore Settis, Barbara Spinelli. A queste se ne aggiunsero molte altre, tra le quali innumerevoli sempre “illustrissime” ovviamente.
Che cosa diceva l’appello? Ecco l’incipit, indimenticabile: “Una grande occasione si apre, con la vostra vittoria alle elezioni, di cambiare dalle fondamenta il sistema politico in Italia e anche in Europa. Ma si apre ora, qui e subito”. E concludeva: “Avete svegliato in Italia una cittadinanza che vuol essere attiva e contare, non più delegando ai partiti tradizionali le proprie aspirazioni”.
Un anno dopo i sullodati intellettuali tacciono davanti alle bravate grilline. Forse sono rimasti delusi? Se è così avrebbero il dovere di sconfessarli e di farcelo sapere. Lo stesso dovere dovrebbero avvertirlo coloro che si sbatterono affinché il candidato al Quirinale del Movimento Cinque Stelle, Stefano Rodotà, che pure ha avuto in tempi non sospetti l’onestà intellettuale di prendere le distanze dagli scalmanati che stanno dando il meglio della loro intolleranza, venisse eletto con il concorso della sinistra. Dobbiamo fare i nomi di egregi “padroni del pensiero” che sostennero la candidatura nata sul web ad opera di qualche migliaia di operatori del clic? Non ci pare il caso. Tutti li ricordiamo e sono sempre i soliti: quelli che sbagliano comunque, fuorviati da idiosincrasie ideologiche, e non si redimono mai, rivoluzionari da operetta con il portafogli gonfio ed il pregiudizio sempre lampeggiante come un semaforo. Rosso naturalmente.
Di fonte all’ultima topica che gli intellettuali hanno preso c’è da gioire ancora una volta: ci offrono l’opportunità di giudicare bene a prescindere basta che mettano una firma sotto un qualsiasi pezzo di carta, sia se favorevole che contraria ad un particolare evento. Basta fare il contrario per essere nel giusto.
No, non è che pecchiamo di manicheismo. Ma un minimo di moderazione dovrebbero pure averlo coloro i quali pontificano più o meno su tutto ogni santo giorno. Ma lo avevano visto Grillo all’opera prima di spendersi per lui; li conoscevano i suoi supporter; avevano avuto modo di farsi un’idea sul personale politico mandato in Parlamento via Internet?
Ecco, basterebbe che chiarissero tutto questo e noi ci sentiremmo appagati. O che chiedessero scusa a coloro i quali, in Parlamento e fuori, sono stati svillaneggiati con una volgarità ed una violenza che raramente si è vista negli ultimi decenni in Italia da barbari incravattati che sognano un’impossibile rivoluzione.