I tormenti del “giovane” Letta impantanato nella palude dell’indecisione
S’annuncia decisiva per Enrico Letta ed il suo governo la settimana che si apre oggi. Il premier è alle prese con un vero rompicapo affastellato di scadenze, impegni e decisioni. Soprattutto, deve replicare alle punzecchiature di Renzi sempre più insofferente rispetto alle deludenti performance di un esecutivo ormai sopportato più che sostenuto dalla sua stessa maggioranza. Letta, però, non è tipo da ballare da solo. Prima di assumere una qualsiasi decisione, ne valuterà minuziosamente le conseguenze sotto l’attenta vigilanza del Quirinale, più che mai determinato ad impedire il precipitare della situazione verso una crisi senza ritorno.
Ufficialmente, il premier è al lavoro sul contratto di governo, ma è assai probabile che ad occupare i suoi pensieri ci siano soprattutto il rimpasto e le manovre interne al Pd per portare Renzi a Palazzo Chigi. È vero che questi ha smentito ogni interesse a conquistare la guida del governo senza una chiara legittimazione popolare, ma è altrettanto vero che non poteva dire una cosa diversa. In ogni caso, è il contesto a rendere la staffetta qualcosa di molto più concreto di una semplice ipotesi di scuola. Se infatti sul piatto della bilancia Letta può piazzare sì e no l’equivalente di un anno di lavoro, un governo a guida Renzi finirebbe per blindare la legislatura. E questo ha la sua importanza nell’orientare gli umori profondi del Parlamento ed i calcoli dei partiti. Ma soprattutto potrebbe indurre Napolitano a guardare con minore apprensione alla fine dell’attuale esecutivo.
Letta tutto questo lo sa ma non è ancora chiaro se si comporterà di conseguenza, cioè se seguirà il consiglio di Romano Prodi di accettare la sfida lanciata da Renzi intestandosi iniziative coraggiose in materia di lavoro e di contrasto alle ricette di austerity imposte dall’Europa. Una tesi che un politico di lunghissimo corso come l’alfaniano Fabrizio Cicchitto ha efficacemente tradotto chiedendo la sostituzione di Saccomanni al ministero dell’Economia. Comunque sia, né Letta né Renzi potranno continuare a recitare il copione dei fratelli-coltelli senza rischiare di portare il Paese in un vicolo cieco. Il Pd ne è consapevole e per questo invoca la fine delle ostilità ed una loro parola chiara dei duellanti sul futuro del governo e sul destino della legislatura. Questa, del resto, è anche la settimana in cui il Porcellinum approderà nell’aula di Montecitorio, dove è atteso da una raffica di richieste di voti segreti.
Il clima di confusione sovrana che regna sulla politica potrebbe perfino autorizzare i settori della maggioranza più delusi e maggiormente insofferenti verso l’attuale impianto di legge elettorale a rendere accidentato ed insidioso il cammino della riforma. Sono solo ipotesi, ma in politica non c’è nulla di più dannoso dell’indecisione. Una condizione dalla quale sembra che Letta non voglia o non sappia uscire.