Immigrazione, nel 2014 è già boom di sbarchi: dieci volte di più del 2013

4 Feb 2014 20:34 - di Redazione

«Le politiche migratorie – ha sottolineato il viceministro dell’Interno Filippo Bubbico, nel corso della sua audizione presso la commissione Migrazione dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa – occupano un posto preminente nell’agenda politica del Paese. I temi migratori e, in particolare, il rapporto tra Europa e Paesi di origine e transito dei flussi di migranti saranno punti caratterizzanti la Presidenza italiana dell’Unione europea nel secondo semestre dell’anno in corso». Una realtà con cui confrontarsi con impegno e risoluzione, considerato il fatto che sta proseguendo anche nel 2014 l’ondata di sbarchi che ha segnato la seconda metà del 2013.

E allora, proprio i dati forniti sulla materia registrano un trend costantemente in crescita dei flussi migratori. Infatti, come resocontanto proprio dal viceministro Bubbico nel corso della sua audizione, «nei primi 30 giorni dell’anno i migranti sbarcati sulle coste italiane sono stati 2.156, contro i 217 del gennaio del 2013. Un andamento in continua ascesa, coerente con i dati complessivi del 2013, quando sono arrivati via mare 42.925 stranieri, il 325% in più rispetto all’anno precedente. Quindi, entrando nel dettaglio dei dati, «l’Italia – ha illustrato Bubbico – è stata sottoposta nel 2013 ad un incessante e massiccio afflusso di migranti provenienti dai Paesi del Nord Africa e del vicino Medio Oriente». Tra i 42.925 sbarcati, i minori non accompagnati sono stati 3.818. In Sicilia sono giunti 37.886 migranti (14.753 a Lampedusa). La principale nazione di partenza delle imbarcazioni è stata la Libia, dalle cui coste si sono imbarcati 27.314 migranti, seguita dall’Egitto con 9.215 migranti e dalla Turchia con 2.077. Il principale Paese di provenienza, individuato sulla base delle dichiarazioni rese al momento dello sbarco, è la Siria con 11.307 migranti, in aumento esponenziale rispetto all’anno precedente, quando i siriani sbarcati erano stati appena 582. Seguono l’Eritrea con 9.834 migranti, dato di oltre 4 volte superiore al 2012, la Somalia, con 9.263 migranti e l’Egitto, con 2.618 migranti. E infine, dei 42.925 sbarcati nel 2013, quelli soccorsi in mare sono stati 37.258, di cui 6.127 in 47 operazioni effettuate nell’ambito di “Mare Nostrum”.

Dimensioni considerevoli di un fenomeno massiccio per fare fronte al quale, ha proseguito il viceministro, «l’Italia ha progressivamente ampliato la rete di accoglienza, sia quella destinata ad assicurare il primo soccorso e l’iniziale assistenza, sia quella preordinata a favorire i percorsi di integrazione sociale». In particolare, è stata aumentata la capacità ricettiva dei centri governativi per immigrati (Centri di primo soccorso ed accoglienza-Cpsa, Centri di accoglienza-Cda e Centri di accoglienza per richiedenti asilo-Cara) dai 5.516 posti del 2012 agli attuali 7.501, con un aumento percentuale del 36%. Sono state poi attivate, soprattutto in Sicilia, strutture temporanee di primissima accoglienza, che assicurano oggi ospitalità a 3.847 migranti.

Quanto alla rete di seconda accoglienza, preordinata a favorire i percorsi di inclusione sociale, nel 2013 è stato significativamente potenziato il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar) la cui ricettività è stata portata a oltre 9.400 posti. Sempre lo scorso anno, infine, le forze di polizia italiane hanno arrestato 200 persone tra scafisti, organizzatori e basisti, ed hanno proceduto al sequestro di 158 natanti.

E ancora: in Italia sono presenti 11 Cie; a Bari, Bologna, Brindisi, Caltanissetta, Crotone, Gorizia, Milano, Roma, Torino, Trapani e Trapani Milo. La capienza complessiva è di 1.791 posti, ma oggi i posti effettivi in queste strutture sono 842 a causa dell’esecuzione in corso di lavori di ristrutturazione.

Numeri consistenti che testimoniano una realtà immigratoria imponente, rispetto alla quale l’Italia si appresta a rispondere anche con modifiche normative. «Siamo impegnati in questo frangente – ha fatto sapere Bubbico concludendo – a considerare la possibilità di rivedere la disciplina dei tempi di permanenza all’interno dei Cie e ad innalzare gli standard qualitativi dell’accoglienza».

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