Istigò al sabotaggio della Tav: dopo 5 mesi indagato lo scrittore De Luca (ex Lotta Continua)
Lo scrittore napoletano Erri De Luca, di 63 anni (da giovane capo del servizio d’ordine di Lotta Continua), è indagato dalla Procura di Torino per aver istigato al sabotaggio della Tav in Val di Susa (riferendosi ai manifestanti ha detto recentemente che «la loro è purissima legittima difesa»). A renderlo noto è lo stesso scrittore che, con un post attraverso Facebook, scrive: «Ricevo dalla Procura di Torino la incriminazione per avere istigato al sabotaggio della Tav in Val di Susa. Citano le mie parole a sostegno. Per uno scrittore il reato di opinione è un onore». Lo scorso settembre la Procura di Torino aveva aperto un fascicolo di atti relativi, cioè senza ipotesi di reato né indagati, per le dichiarazioni rilasciate dallo scrittore di estrema sinistra che, contrario alla realizzazione della Tav, aveva rivelato di aver partecipato a forme di sabotaggio in Val di Susa. Il fascicolo era stato aperto dopo la denuncia di Ltf, la società italo-francese che si occupa della realizzazione del tunnel geognostico della Tav a Chiomonte. Una denuncia di quattro pagine depositata il 18 settembre dall’avvocato di Ltf, Alberto Mittone: «Riteniamo che De Luca abbia quantomeno istigato a commettere sabotaggio». Da qui, dopo ben cinque mesi, l’avviso di garanzia nei confronti dello scrittore. In quell’occasione, intervistato da “Repubblica”, De Luca ammise: «Un intellettuale deve essere coerente e mettere in pratica ciò che sostiene», per questo «anch’io ho partecipato a forme di sabotaggio in Val di Susa. Ho partecipato ai blocchi dell’autostrada insieme a maestri elementari, vigili urbani, madri di famiglia. Il blocco stradale è certamente un atto di ostruzionismo. Diciamo che è una forma di sabotaggio alla libera circolazione». Nel novembre scorso un articolo di De Luca su una pubblicazione di Magistratura Democratica (la corrente di estrema sinistra in seno all’Associazione Nazionale Magistrati), indulgente sugli anni di piombo, portò alle dimissioni di Giancarlo Caselli, procuratore capo di Torino, dalla corrente, di cui fu uno dei fondatori.