L’ “asse” Renzi-Berlusconi per ingabbiare Alfano e ridurre alla marginalità il Nuovo centrodestra
Siamo alle battute finali. Matteo Renzi si appresta a sciogliere la riserva. Con molti punti interrogativi. E nell’anomalia di questa crisi è forse la cosa più “normale” che si annunci la soluzione senza avere ancora in tasca alcune certezze. Quali? Il ministro dell’Economia; la compatibilità con uno dei partner della coalizione, Alfano, che non ha realizzato bene se sarà la vittima sacrificale dall’accordo sulle riforme tra il premier e Berlusconi; la prospettiva elettorale che come uno spettro volteggia sui Palazzi del Potere e tiene in apprensione i parlamentari. E poi le promesse. Queste sì da prendere in seria considerazione. Una riforma al mese ha detto Renzi. Da quel che ci pare di capire sarà grasso che cola se ne farà una sola entro l’anno, visto anche l’andamento del “monologo” di Grillo che in diretta streaming non gli ha fatto aprile bocca (ci chiediamo perché i politici – Renzi compreso – sono così autolesionisti da farsi insultare pubblicamente da un comico: basterebbe far rispettare la regola della riservatezza e si eviterebbero ulteriori colpi al degrado delle istituzioni), mentre gli ha fatto intendere, al di là di ogni ragionevole dubbio, che i suoi gruppi daranno battaglia su ogni provvedimento: alla faccia del timing renziano.
Comunque sia, il dado è tratto. E per quanto Napolitano sia a dir poco perplesso su tutta l’operazione che nulla ha fatto per bloccare sul nascere, il governo Renzi vddrà la luce e non vale neppure la pena chiedersi quanto durerà. Paradossalmente, potrà contare sulla “simpatia” di Berlusconi il quale, però, si guarderà bene dal dargli la fiducia: tuttavia quei cinque minuti passati da soli a Montecitorio inducono ad illazioni che non possono che concludersi nell’accettare una anomala (ed è un’altra in questa singolare vicenda) vicinanza che si consolida nel tempo, a differenza di quanto si poteva immaginare.
Berlusconi in questa partita ci sta come il Milan dei vecchi tempi sui campi di calcio. Oltretutto godendo – si fa per dire – della posizione di non essere per una volta lui l’uomo da battere. Fa lo statista, è prodigo di consigli per il giovane premier, ne loda le capacità, l’intelligenza, l’approccio ai problemi. E’ conquistato dalla sua giovinezza. Ma non lo può votare anche se lo vorrebbe tanto. Al di là della sincera umana simpatia che il leader di forza Italia prova per Renzi, c’è un motivo politico dietro a questo incredibile (per chi non conosce il Cavaliere) “asse”. Berlusconi deve ridimensionare Alfano, fino a ridurlo all’irrilevanza: le riforme sono lo strumento più idoneo allo scopo; Renzi deve tenere il Ncd al guinzaglio facendogli ogni tanto intravedere la prospettiva delle elezioni anticipate che distruggerebbero il partito di Alfano con la vigente elegge elettorale modificata dalla Corte costituzionale e ancor di più con quella sul tavolo. Nell’uno e nell’altro caso, fuori dalla coalizione con Forza Italia, dovrebbe arrendersi. Ma non può neanche alzare la testa con Renzi sapendo di andare sbattere contro lo scioglimento delle Camere.
Interessi convergenti, come si vede. Che non faranno bene alla stabilità e non contribuiranno a rasserenare il clima politico. Altre che una riforma al mese…