«La difesa dei marò è roba da fascisti». Le penne della sinistra escono allo scoperto

22 Feb 2014 20:12 - di Girolamo Fragalà

Lo stesso schema usato per le Foibe: siamo dalla parte dei Marò ma… ma stiamo attenti, guardinghi, perché quella è roba da fascisti. Una certa sinistra non perde il vizietto, non riesce a valutare cose e fatti senza condizionamenti ideologici, non riesce a liberarsi dai pregiudizi. E di tanto in tanto questo vizietto emerge e si capiscono i motivi dei silenzi, delle mancate solidarietà, dell’indifferenza. Nella rubrica della posta a Michele Serra, sul Venerdì di Repubblica, viene ospitata una lettera firmata da Marco Bernardi sul caso dei nostri soldati prigionieri in India. «Si può dire che la dinamica dei fatti è ancora misteriosa? Si può far notare che i due militari sono stati artefici di un madornale errore di valutazione? Possibile che una petroliera alta 40 metri sia “spaventata” da un peschereccio che immagino sgangherato e lento? Si può dire che la stampa di destra ha strumentalizzato il caso?». Tutte domande che rendono chiaro il presupposto da cui si parte, i dubbi che da mesi vengono diffusi da una certa sinistra in modo tecnico, con il “dire e non dire”. E lo dimostra il seguito della lettera: «Si può dire che non ho sentito parlare di procedure acustiche o manovre elusive o dissuasive prima di passare alle armi? Si può far notare che in quelle acque non sono mai avvenuti attacchi di pirateria». In sostanza, un atto di accusa, nascosto tra le righe del sospetto. La risposta di Michele Serra è ancor più esplicita: «Caro Bernardi, pubblico per intero la sua lunga lettera perché esprime, in forma documentata, civile e ragionevole il forte disagio che la gestione politica e mediatica di questo spinosissimo caso ha suscitato in molti». Poi, alcune righe dopo: «La grottesca campagna che si è scatenata in Italia, trasformando i marò da artefici di un maledetto errore a quasi eroi,  da celebrare con sbandieramenti e imbarazzanti proclami di orgoglio patriottardo, ci fa davvero riflettere sulla modesta statura della nostra identità nazionale.  Che la destra peggiore, con uno stile post-littorio che fa venire il latte alle ginocchia, abbia strillato e stia strillando le sue sciocchezze è cosa che – purtroppo – si poteva mettere nel conto». E ancora Serra parla di «imbarazzante, irragionevole, ingannevole epidemia di nazionalismo straccione che ci sta facendo fare la figura di un Paese al tempo stesso vanitoso e impotente. Nel solco – lo dico molto amaramente – della nostra penosa tradizione fascista e post-fascista». In poche parole, la difesa dei marò è roba da fascisti e quindi bisogna andare cauti, molto cauti. E se lo dice una penna all’arrabbiata della sinistra militante c’è da riflettere. Sembra infatti di tornare indietro e di ritrovarsi negli anni Settanta, con i vecchi schemi ideologici e gli steccati mai rimossi, con i preconcetti tipici su chi porta una qualunque divisa. Il tutto sulla pelle di Girone e Latorre che – nessuno lo dimentichi – sono ragazzi italiani prigionieri in India. Vittime anche dello spirito antinazionale di una sinistra che sarà pure entrata nei salotti buoni del potere finanziario ma che, nel profondo, rimane estranea all’idea del patriottismo.

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