Marino, sceneggiata grillina per evitare il default: «Blocco Roma». Renzi lo gela: abbassi i toni
«Blocco la città». Il mite Marino ha perso le staffe di fronte al dispetto del governo amico sul salvaRoma, nervoso per la poltrona a rischio commissariamento, minaccia sfracelli se da Palazzo Chigi non trovano una soluzione. «Io da domenica blocco la città. Quindi le persone dovranno attrezzarsi, fortunati i politici del palazzo che hanno le auto blu, loro potranno continuare a girare, i romani non potranno girare» dice interpellato a Mix24. Sfoghi, minacce, toni sopra le righe che non sono piaciuti a Palazzo Chigi i cui tecnici, insieme a quelli del Comune e del ministero del Tesoro sono al lavoro per trovare una via d’uscita al default che pende come una mannaia. Dallo staff di Renzi trapela «irritazione» per la scarsa tenuta psicologica del sindaco che adesso rischia di mandare all’aria il tavolo alle prese con la stesura di un nuovo testo da approvare entro domani. Dallo staff di Renzi trapela anche la notizia di una telefonata «energica» tra il premier e il sindaco della Capitale, che tradotto significa che tra i due sono volate parole grosse. In preda alla disperazione e alla solitudine palpabile dallo scarso appoggio della stessa sinistra, Marino soffia sull’antipolitica e istigando alla disobbedienza civile la città vera, quella che lavora e tira a campare nella gimcana di disservizi e degrado. «I romani sono arrabbiati – si sfoga – e hanno ragione, dovrebbero tirare fuori i forconi». Poi come un D’Alema qualsiasi se la prende con i giornalisti colpevoli di prestare il fianco alla vulgata grillino-leghista. «Non si chiama Salva Roma, i soldi che stanno in quello che voi giornalisti avete chiamato Salva Roma sono soldi delle tasse dei romani che devono essere restituiti ai romani. Non ce li hanno ridati, il governo italiano ce li deve ridare, deve restituire a Roma ciò che è di Roma».
Ma l’orgoglio capitolino contro il ritiro del decreto che mette a serio rischio il bilancio approvato ai tempi supplementari nasconde la fallimentare gestione della macchina amministrativa della capitale del sindaco “straniero”. Per scagionarsi si affida al terrorismo psicologico: «Diciamolo con chiarezza, per marzo non ci saranno i soldi per i 25mila dipendenti del Comune, per il gasolio dei bus, per tenere aperti gli asili nido o raccogliere i rifiuti e neanche per organizzare la santificazione dei due Papi, un evento di portata planetaria». Farà le valigie per tornarsene in camera operatoria? «Se la linea deve essere quella del M5s e Lega, ovvero chiamiamo Nerone e bruciamo Roma con tutti i romani, io non sono pronto a fare l’ufficiale liquidatore della Capitale di un paese del G8». L’ipotesi di dimissioni circolata ieri è ancora in campo come una minaccia latente a Renzi che ieri, di fronte all’annunciato ostruzionismo dei Cinquestelle e del Carroccio, ha preferito congelare il provvedimento e prendere tempo mentre la guerra dei nervi tra “Roma ladrona” e il Nord-est dà il “meglio” di sé. «Visto che il sindaco Marino chiede che siano restituiti dallo Stato ai romani i soldi delle loro tasse, a questo punto che si ridiano anche ai veneti i 21 miliardi pagati in tasse e finiti in mano agli spreconi», ha tuonato il governatore Luca Zaia. A Roma prevale l’incredulità dei politici più navigati. «Questa continua snervante alternanza tra supplica e rabbia denota ormai uno stato di disagio comportamentale che non credo possa appartenere al repertorio di un primo cittadino di Roma – è il commento di Sveva Belviso – Marino è solo un solista, purtroppo del tutto inadatto a fare squadra». Non ci sarà il default, che resta un’ipotesi remota, ma il fallimento politico di Marino è definitivamente consumato. Dietro lo stop del governo – dice Marco Marsilio di Fratelli d’Italia – c’è la chiara regia di Renzi volta a «ammazzare» il sindaco di Roma. È stato liquidato dai suoi, dovrebbe prenderne atto.