Marò, la Bonino se la dà a gambe, ma finisce nella bufera
Si inasprisce la polemica sul caso marò, detenuti ingiustamente in India da due anni. Dopo la sentenza della Corte suprema indiana sui marò, «prenderemo delle decisioni come squadra, presieduta del premier, che saranno seguite da tutti. Bisogna agire in modo coerente e disciplinato con messaggi unici». Così il ministro Bonino ha reagito alle dichiarazioni del collega della Difesa Mario Mauro che ha minacciato il ritiro dalle missioni antipirateria multilaterali, cosa che alla Bonino non è andata giù. Pronta la replica dell’ex ministro della Difesa Ignazio La Russa, che come al solito non la manda a dire: «La nave affonda e i topi scappano. Dopo mesi di assenza ingiustificata del ministro degli Esteri italiano sulla vicenda dei marò finalmente sappiamo qualcosa. La Bonino scappa dalle sue responsabilità e si rifugia nel “decide Letta” che peraltro finora non ha deciso nulla. Perciò se dopo il 10 febbraio i fucilieri della Marina non saranno restituiti all’Italia come dicono di aver chiesto all’India, il governo dovrà compiere atti drastici o dimettersi. Ma ora almeno è chiaro a chi appartengono le decisioni». Da parte sua il presidente dei deputati di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, ha detto: «Caro Ministro Emma Bonino, sul caso marò l’Italia non chiede al Governo coerenza e disciplina ma fermezza: basta rinvii, riportiamoli a casa». E per una volta anche il mediatore del governo sulla vicenda Staffan de Mistura abbandona l’abituale cautela: «Non ci devono essere più rinvii, basta tempi supplementari», ha detto infatti de Mistura, riflettendo sugli scenari possibili nell’udienza di lunedì prossimo in Corte Suprema, aggiungendo: «C’è la possibilità nonostante l’ultimatum sui rinvii, che l’accusa o il giudice chiedano giorni aggiuntivi per studiare le carte. A quel punto insisteremmo con forza che dopo due anni senza un capo di accusa non ci devono essere tempi supplementari e che quindi i Fucilieri tornino in Italia». Su quello che potrebbe accadere lunedì prossimo, de Mistura ha ipotizzato tre scenari: il primo è che «il Procuratore generale dirà che la polizia Nia può usare il Sua Act e in questo caso noi ci opporremo con tutta la nostra forza». Il secondo è che «l’accusa proponga una formula diversa in cui compare il Sua Act, ma senza la pena di morte, nella speranza di ottenere un allentamento della pressione internazionale. Anche in questo caso per noi è inaccettabile perché noi contestiamo l’applicazione della legge anti terrorismo». L’inviato ha poi fatto riferimento a una terza opzione, che è quella «che l’India possa ritardare ulteriormente la decisione. Ma in questo caso – ha concluso – un altro rinvio non può che giocare a nostro favore perché già abbiamo denunciato i lunghi ritardi accumulati in questo caso». Come l’Italia pretenda però di far valere le sue ragioni, resta un mistero…