Nardella incorona Renzi salvatore dell’Italia. E avverte l’establishment: è tempo di cambiare nome, via il “partito”, solo Democratici
Sarà Renzi il grimaldello per scardinare lo status quo. Ne è convinto il vicesindaco di Firenze Dario Nardella che ha preso il timone dell’amico Matteo alla guida di Palazzo Vecchio, cresciuto all’ombra di Vannino Chiti e oggi nel cerchio magico dell’ex rottamatore.
«È un vero leader di popolo capace di penetrare quella cortina di poteri costituiti per comunicare direttamente con i cittadini». L’intervista al Corriere della Sera è una difesa appassionata del premier incaricato che ha tanti nemici nell’establishment (lo considerano «un barbaro») e dunque molto onore. Nardella, pronto per le primarie fiorentino, minimizza lo sgambetto a Letta che, dice, «ha governato bene, ma senza coraggio», ed elude le critiche mosse all’ex rottamatore di aver rinnegato se stesso con un’operazione di palazzo. «Oggi Renzi subisce un danno di immagine, ma evita il danno massimo per il Paese: l’ingovernabilità». Quanto alla minoranza interna e ai mal di pancia della base, il giovane vicesindaco (di cui in questi giorni si è parlato come di un possibile ministro) è convinto che i compagni capiranno il “sacrificio” ed esclude scissioni auspicando una svolta movimentista del Nazareno, la classica ricetta passepartout nei momenti di crisi. «I tempi sono maturi per non chiamarci più partito, ma soltanto Democratici». A Nardella, classe 1975, la parola partito non piace: «Forse non abbiamo colto appieno la novità del congresso in cui il partito socialista europeo cambierà il nome, per diventare il partito dei socialisti e dei democratici. Ci sono nuove forme di partecipazione che non possono essere racchiuse nella forma tradizionale o dello scorso secolo. Prendiamo esempio da movimenti emergenti come i 5 Stelle». Per l’Italia e per la sinistra, dunque, Renzi rappresenta l’opportunità per un nuovo Rinascimento. Poi l’endorsment al più renziano del governo Letta, Graziano del Rio, perfetto per occupare la casella più pesante del prossimo governo, quella dell’Economia sulla quale Napolitano ha avocato a sé l’ultima parola. L’ex primo cittadino di Reggio Emilia a via Venti Settembre? «Non ci troverei nulla di strano. I sindaci conoscono l’Italia reale, mentre la distanza tra le istituzioni centrali e la società continua a crescere». Quanto alle legge elettorale, fiutato il rischio dei franchi tiratori, assicura le opposizioni e i dissidenti interni che l’Italicum «si può migliorare, mantenendo lo schema di Renzi» perché le regole del gioco si scrivono tutti insieme.