Ora la Bongiorno scopre che i giudici si possono contestare. Sarà mica perché hanno condannato Sollecito?
Arrivano le prime “grane” per il giudice fiorentino Alessandro Nencini, presidente del collegio che ha condannato Amanda Knox e Raffaele Sollecito per l’omicidio di Meredith Kercher. E la ragione sono le interviste sul processo date alla stampa all’indomani della sentenza e, dunque, molto prima del deposito delle motivazioni. Nencini rischia infatti un “processo” davanti al collegio dei probiviri dell’Associazione nazionale magistrati per violazione di una norma del codice etico delle toghe. Si tratta dell’articolo 6 che disciplina i rapporti con la stampa e con gli altri mezzi di comunicazione di massa dei magistrati e che chiede tra l’altro ai giudici di osservare “misura” ed “equilibrio” nel rilasciare dichiarazioni o interviste.
Ma come, ora i giudici si possono contestare e le sentenze commentare? Non era cosa buona e giusta accettare le sentenze e l’operato insindacabile dei giudici, punto e basta? Fino a poco tempo fa, quando c’era Berlusconi di mezzo, questo era il codice di comportamento, ma ora non pare più in vigore, visto che la strategia difensiva dei legali di Raffaele Sollecito va giù pesante contro Nencini, formalizzando l’esposto a Palazzo dei marescialli, al ministro della Giustizia e al Procuratore generale della Cassazione. Giorni neri attendono Nencini, bersaglio di un vero e proprio atto di accusa: ha reso pubblici dati «coperti dal segreto della camera di consiglio» , ha «anticipato vari aspetti» della motivazione, prima del suo deposito, comportamento che non solo è «probabilmente rilevante sul piano disciplinare», ma che potrebbe essere indice di una «grave carenza d’imparzialità», dicono nel loro esposto i difensori di Sollecito, che leggono nelle parole del giudice un «pregiudizio» nei confronti del loro assistito.
Alt! Pregiudizio dei giudici? Suona familiare questa espressione, ma non è il Cavaliere ad usarla, sono ora i difensori di Sollecito a pronunciarla come una clava. I giudici potrebbero essere «imparziali», dunque, e sorprendentemente a ventilarlo, tra i legali di Sollecito, c’è quella Giulia Bongiorno che ci sembrava di ricordare vestire i panni della tenace paladina dell’operato della magistratura senza se e senza ma, quando era la spina nel fianco finiana del governo Berlusconi. Altri tempi. L’avvocato Bongiorno, infatti, non disse una parola in una circostanza praticamente identica a questa che coinvolge ora Nencini. Accadde in piena estate, ricorderete, con l’intervista rilasciata dal giudice Antonio Esposito, presidente della sezione feriale della Cassazione, al quotidiano Il Mattino, in merito alla sentenza che confermò la condanna di Silvio Berlusconi nel processo Mediaset. Comportamento analogo, tale e quale, Esposito ieri, Nencini oggi. Ma all’epoca la Bongiorno tacque e si capisce bene il perché. Oggi sembra un’altra. Dottor Jeckill e Mr Hyde: «La moda delle interviste sulle camere di consiglio – sibila – scredita l’intera magistratura, ma rilasciare un’intervista dopo una sentenza di condanna è semplicemente inammissibile», dichiara piccata (insieme al collega Luca Maori) contro Nencini, accusato di un comportamento «gravissimo, anzi inaccettabile». Basta un Sollecito al posto di Berlusconi come accusato per cambiare idea e strategia?