Tassare il risparmio: il solito vizio antico della sinistra che non tiene conto della realtà economica del paese

19 Feb 2014 13:35 - di Silvano Moffa

Tassare il risparmio. Ci risiamo. Ancora non si sa come sarà composta la compagine ministeriale del governo targato Matteo Renzi e già cominciano a filtrare le prime indiscrezioni sulle possibili misure che dovrebbero rassicurare i mercati e le banche. A scapito, ancora una volta, dei risparmiatori e dei cittadini. Cambiano i governi, ma l’antico vezzo della sinistra di tartassare i contribuenti non tramonta. Così tornano a fiorire sulle labbra del ristretto circolo di esperti economisti, vicino al presidente del Consiglio  incaricato (e non solo da quelle parti, in verità), le balzane idee di introdurre una patrimoniale e di tassare le rendite.

Se questo dovesse accadere, per le imprese e  le famiglie, già ridotte alla canna del gas, le conseguenze sarebbero catastrofiche. Quei pochi imprenditori che ancora resistono e tengono aperte le loro aziende perderebbero ogni residua speranza. Vedrebbero definitivamente sfumare la  ripresa. Ci sarebbe un fuggi fuggi generale. Una transumanza verso l’estero del settore manufatturiero. Una perdita di valore imprenditoriale per il nostro Paese ancora più pesante di quella che stiamo vivendo. La manifestazione di artigiani, commercianti e piccoli e medi impenditori di martedì non ha insegnato nulla? Nell’austera cornice di Piazza del Popolo a pochi metri da Montecitorio, dove si stava consumando il rito delle consultazioni, si è levato alto il grido di sofferenza proveniente da quel mondo. Un mondo che non ce la fa più, che si sente vilipeso, angariato, vessato da una tassazione intollerabile, vittima predestinata di una burocrazia soffocante, irriducibile nella sua sconvolgente autoreferenzialità. È il popolo delle partite Iva  che ormai esplode, arranca e fatica oltremisura.

È quel ceto medio  che è stato cancellato e umiliato nella sua dimensione sociale, oscurato e annullato nella sua capacità di tenuta. Oppresso dal fisco e mortificato da una  quantità stratosferica di leggi, leggine, codicilli e regolamenti, quel popolo,  quel ceto chiede soltanto di essere messo nella condizione di lavorare. Niente di più. “Lasciateci lavorare!”, supplicano. E qui, di tutta risposta torna in auge il prelievo sul risparmio. Come se fosse un delitto, e non un titolo di merito, aver messo da parte qualche quattrino per fronteggiare i momenti difficili,  garantire gli studi ai propri figli, pagare il mutuo per la casa oppure assicurare un futuro alla propria famiglia. Francesco Forte, attento economista, dalle colonne del “Giornale”,  ci ricorda la lezione di Einaudi, secondo il quale  tassare il reddito mandato a risparmio e poi il reddito derivante dal risparmio è una doppia tassazione. Teoria opinabile, secondo alcuni.

Ma se proprio non si vuole accedere al pensiero dell’illustre liberale del secolo scorso, si consideri almeno il fatto che quel risparmio è necessario per la crescita economica. Senza risparmio non c’è sviluppo, non ci sono investimenti.  È una regola ferrea dell’economia reale; un principio fondamentale, purtroppo soppiantato dagli sconvolgimenti prodotti dalla economia truffaldina di una finanzia drogata. “Che senso ha oberare i risparmiatori in una nazione piena di debito pubblico?”, si chiede giustamente il professore. Nessun senso. Il guaio è che tutta questa storia del governo a guida Renzi è priva di senso. Per come è nata e si è sviluppata. Per come si sta incagliando nella non facile individuazione dei ministri cui affidare i settori principali, a cominciare dal dicastero dell’Economia. Per come sembra dipanarsi la matassa ( ammesso che si dipani) della maggioranza che dovrebbe assicurare i voti indispensabili per sostenere l’esecutivo. Per come lo stesso Renzi sembra voglia imporre il cambiamento: dopo gli altosonanti annunci , cresce l’impressione che la montagna, alla fine della giostra,  partorisca un topolino. Se poi, nel programma del nuovo governo, dovesse esserci anche quella parte indigesta e indigeribile della patrimoniale e della tassazione delle rendite da risparmio, il mosaico sarebbe completato. Qualcuno, allora, dovrebbe spiegarci che senso avrebbe per il nuovo centrodestra far parte del governo Renzi. E che senso avrebbe parlare di “opposizione responsabile”. Come se  chi si oppone al governo, a qualunque governo, per il fatto stesso di opporsi, vada giudicato un “irresponsabile”. Il termine , sul piano politico, presenta un elevato tasso di ambiguità. Nasconde l’insidia del pateracchio, del sostegno mascherato, del “do ut  des”. Sarebbe stato meglio ,molto meglio definirsi ” opposizione intelligente”.  Le parole hanno un senso. Anche in politica.

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