Un governo inceppato ancor prima di nascere. Non è una cosa seria, ma neppure tragica
Debutta alla grande il governo Renzi. Con un annuncio choc: tassazione dei Bot. E con una melina sulla legge elettorale: sono altre adesso le priorità. Nel mese di febbraio, insomma, non vedremo nessuna nuova normativa. Ci sono le fiducie da ottenere, decreti da convertire. Ed anche marzo se andrà così dedicato agli “assestamenti”. Ma la legge resterà nel cassetto del premier, pronta a spuntare fuori alla prima occasione utile, per esempio se e quando il Nuovo centrodestra dovesse cominciare a fare i capricci.
Per quanto riguarda le nuove tassazioni, il sottosegretario Delrio prima ha messo nel mirino i titoli di Stato, forse per vederne l’effetto, e poi ha ripiegato su una più prudente dichiarazione: per ora (ma solo per ora) non si tocca niente; poi si vedrà.
In un giorno solo la “vecchia politica” degli annunci e delle mezze promesse (o minacce) è ritornata mentre lo statista di Pontassieve lasciava il suo borgo per trasferirsi a Roma dove tra oggi e domani otterrà la fiducia delle Camere. Con il cuore leggero. Finalmente, dopo una manfrina che gli ha fatto guadagnare titoli sui giornali, anche il rivoluzionario del Nazareno, Pippo Civati, ha reso noto che non farà mancare il suo appoggio a Renzi. Ma allora perché ha scassato i santissimi a mezzo mondo per una intera settimana? Si è dimenticato di spiegarcelo. Del resto è proprio della classe dirigente dell’ultima generazione farsi notare, mettersi in evidenza. Beati loro che non devono rispondere a nessuno. Una volta c’erano le gerarchie di partito che giudicavano ed assumevano provvedimenti. Ora, al tempo di Twitter è tutta un’altra cosa. Un Civati diventa leader di che cosa non s’è capito mandando in giro i suoi pensierini in centoquaranta caratteri. I politici di un tempo tenevano relazioni di ore a platee raccolte (ma anche assopite), comunque vaste ed in qualche modo partecipi. Oggi è cambiato tutto.
Si diventa, per esempio, ministri con una facilità impressionante: senza aver maturato un minimo di esperienza sul campo. E se si è donne è ancora più facile. Ma perché soltanto otto nel governo Renzi? Potevano essere, dieci, dodici, quindici a condizione che fossero tutte bravissime, inattaccabili, superlative. Ma questa ripartizione per generi è davvero umiliante. Soprattutto per le donne. Noi, da vecchi conservatori, non la capiremo mai.
Comunque, a parte la questione “rosa”, l’esecutivo risulta fragilissimo. Non c’è commento giornalistico oggi che non lo sottolinei. E per carità di patria non facciamo neppure un nome a suffragio di un’impressione ampiamente condivisa. Dove arriverà c’importa poco. Ci interessa – e molto – che cosa farà. E francamente di aspettative non crediamo sia lecito nutrirne. Lo vedremo alla prova: una riforma al mese ha promesso Renzi. Facciamogli lo sconto: una ogni sei mesi (sempre che durerà sei mesi). In quale ordine non c’importa. Basterebbe che facesse approvare dal Parlamento la legge elettorale e ci sentiremmo un po’ più sollevati. Ma Alfano non vuole: chiede che la si abbini alla riforma del Senato. E se il Senato non viene riformato? Allora niente legge elettorale? Ma si può procedere così continuando a prendere in giro gli italiani spacciando per “nuovo” ciò che sa di stantio?
Il ministro Lupi ha candidamente ammesso che non c’è ancora una programma di governo condiviso. Queste le sue precise parole al “Corriere della sera” in merito al patto di coalizione che nessuno ha ancora visto: “Ci stiamo lavorando e abbiamo davanti settimane per metterlo a punto”. Ma come, si vara un governo senza aver chiari i presupposti ed i motivi per cui nasce? Abbiamo la sgradevole sensazione che sarà un “governo postumo”. E probabilmente effimero.