Ancora attacchi a Simone Cristicchi: ha raccontato la verità sulle foibe e quindi “è amico dei fascisti”

13 Mar 2014 16:31 - di Francesco Signoretta

«Il mestiere dell’artista non è fare politica, non è fare lotta. Molto più semplicemente è quello di raccontare delle storie, limitandosi a constatare anche l’esistenza di alcune “zone grigie” di una storia molto complicata e intricata, per poi lasciare al pubblico la libertà di farsi un’opinione in merito, o di approfondire l’argomento una volta fuori dal teatro. Se i contestatori, magari mossi dalle ragioni della propria ideologia, non lo capiscono, non è un problema nostro». Con queste parole Simone Cristicchi, sulla sua pagina Facebook, mette un punto fermo sulla incredibile vicenda delle contestazioni al suo spettacolo, “Magazzino 18”, che non è gradito dalla sinistra radicale e dalla sinistra snob perché parla della tragedia delle Foibe, una tragedia che porta la firma dei partigiani comunisti di Tito. L’artista è costretto a dare ancora una rispiosta all’ennesima recensione sempre «in perfetta linea con altre provenienti da analoghe penne e le provocazioni alla “le foibe sono ancora aperte per voi” che mi becco da un po’ di tempo a questa parte». Stavolta la recensione è firmata da Piero Purini, “storico” di area rossa, tanto da essere ripreso da tutti i siti dell’antifascismo militante come la prova dell’inganno di Cristicchi. La tesi di Purini arriva a dire che sull’esodo «abbia giocato molto di più la paura di un sistema economico-politico demonizzato dal fascismo, dalla chiesa e dall’influente DC che di là dal confine spingeva per la partenza del maggior numero di persone». La risposta di Cristicchi è forte: «Peccato che gli storici ne danno un quadro del tutto diverso, per non dire opposto. E non solo gli storici italiani. Ecco infatti cosa dice in proposito la relazione mista di storici italiani e sloveni sui rapporti tra i rispettivi popoli tra il 1880 e il 1956: “Fra le ragioni dell’esodo vanno tenute soprattutto presenti l’oppressione esercitata da un regime la cui natura totalitaria impediva anche la libera espressione dell’identità nazionale, il rigetto dei mutamenti nell’egemonia nazionale e sociale nell’area”…». E non solo, ricorda Cristicchi, citando fonti storiche e studiosi autorevoli: «A ciò si aggiunse il deteriorarsi delle condizioni di vita, tipico dei sistemi socialisti, ma legato pure all’interruzione coatta dei rapporti con Trieste, che innescarono il timore per gli italiani dell’Istria di rimanere definitivamente dalla parte sbagliata della “cortina di ferro”…». Parole queste che a una certa sinistra negazionista danno molto fastidio. «Ma Purini – aggiunge Cristicchi – non si ferma alle nostre dimenticanze. Dice di più. Nello specifico che “Magazzino 18” sarebbe un’operazione teatrale molto furba con uno scopo politico più che evidente. E che tale scopo consisterebbe nella “costruzione della memoria condivisa pseudo-pacificatrice” per imporre una sorta di “uguaglianza tra i morti”. Insomma, “Magazzino 18” parlando degli infoibati di nazionalità italiana e degli esuli giuliani e dalmati sarebbe per lui (come per gli altri sulla sua stessa lunghezza d’onda) uno dei sintomi “più che evidenti” di una riabilitazione del fascismo». E qui si torna ai fantasmi, alle solite motivazioni di una sinistra che non sa crescere e che perciò tenta di mettere il bavaglio agli artisti liberi, come Simone Cristicchi.

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