«Avanti popolo alla riscossa», il ministro Padoan pronto a chiederci altre lacrime e altro sangue
È un tecnico e agisce come tale. E già questo fa temere il peggio. Il ministro Pier Carlo Padoan è stato anche consigliere economico di Massimo D’Alema a Palazzo Chigi, un altro dato che incute timori e sospetti, perché chi ha memoria ricorda quella stagione folle. Ma ora si passa dal dubbio alla certezza che siamo alla vigilia di un’altra richiesta di lacrime e di un’altra donazione di sangue da parte degli italiani. Sì, perché Padoan ha intonato l’Avanti popolo alla riscossa, con parole che suonano come un brutto presagio, nonostante vogliano sembrare ottimistiche: «Adesso ci aspetta una riscossa e abbiamo l’energia per riformare il Paese: profondamente, radicalmente. Dobbiamo rimuovere le strozzature che imbrigliano la nostra società, aprire la nostra società al contributo dei più giovani e di tutti coloro che sono impegnati a dare qualcosa di sé al bene comune». Il problema non è l’obiettivo (che è condivisibile, perché generico e ricco di buone intenzioni) ma come realizzarlo. Ed è qui che casca l’asino. Il ministro, infatti, nel corso delle sue funzioni internazionali è sempre stato considerato un cultore del rigorismo e dei vincoli europei. In parole povere, di quelle scelte alla Merkel, che hanno gettato nella disperazione milioni di italiani. Famosa fu una sua intervista al Wall Street Journal: Padoan spiegò che sarebbe stato un peccato sprecare «i tanti sacrifici» abbandonando il rigore, i tagli del deficit e il controllo severo dei bilanci pubblici. La conclusione fu «the beatings must continue», la battaglia per il rigore deve continuare. Ma non solo. A Le Figaro, spiegò che «per risanare i debiti contratti dai Paesi occidentali durante la crisi la diminuzione delle spese non basterà, quindi è inevitabile un aumento delle tasse». Il peggio è che l’Imu gli è cara e anche la patrimoniale. Proprio per questo, quell’Avanti popolo suona nefasto.