Il vero interesse di Mosca è per il porto di Sebastopoli, oggi come due secoli fa
Il vero motivo del conflitto tra Mosca e Kiev è militare. Per la Russia, la Crimea rappresenta un vitale interesse strategico, oggi come più di due secoli fa. Questo interesse è prevalentemente concentrato sulla base navale di Sebastopoli, che ospita la flotta russa del Mar Nero dal 2 maggio 1783, ossia dall’epoca della guerra della zarina Caterina II contro l’Impero Ottomano. Nel 1954 il leader sovietico Nikita Krushiov “regalò” la Crimea all’Ucraina, di cui era segretario del partito, per commemorare il trecentesimo anniversario del Trattato di Pereiaslav tra i cosacchi ucraini e la Russia. Dopo il crollo dell’Urss, Kiev mantenne la Crimea ma nel 1997 fu stipulato un accordo ventennale che, per 98 milioni di dollari l’anno, consentiva la presenza della flotta russa a Sebastopoli, diventata così l’unica città al mondo a essere sede di due distinte marine militari nazionali. Dopo l’arrivo al potere nel 2005 dell’allora presidente Viktor Iushenko, fautore dell’ingresso di Kiev nella Nato, la permanenza della flotta è stata messa in discussione anche prima della scadenza del contratto d’affitto del 2017, causando tensioni tra Russia e Ucraina e anche a Sebastopoli, città a statuto speciale prevalentemente russofona. In virtù dell’accordo, Mosca aveva il diritto di dispiegare a Sebastopoli e in Crimea oltre un centinaio di navi e fino a un massimo di 25.000 militari.
Attualmente, gli effettivi russi sarebbero intorno ai 15.000, mentre la flotta può contare su una quarantina di unità guidate dall’incrociatore Moskva e comprendenti anche un cacciatorpediniere e due fregate. La base è stata utilizzata per la guerra contro la Georgia. Questo significa che il controllo della Crimea è importante, per la Russia, non solo ai fini della proiezione verso il Mediterraneo ma anche per l’egemonia sul Caucaso, altro delicato e turbolento scacchiere per Mosca. Nell’aprile del 2010 i parlamenti russo e ucraino ratificarono un nuovo accordo che estese per altri 25 anni, fino al 2042, la permanenza della flotta in cambio di uno sconto del 30% sulle forniture del gas russo, per un valore complessivo di 40 miliardi di dollari. Condizioni radicalmente mutate oggi, dopo la caduta del presidente filorusso ucraino Viktor Ianukovich.