La visita di Obama è stata un’americanata, alla faccia della sobrietà e dell’eleganza
Impressionante dispiegamento di volgare esibizionismo. Possiamo definirla così la “vacanza romana” di Barack Obama? Credo proprio di sì. Un’americanata, insomma. Che non poteva finire diversamente se non con il paragone presidenziale, non avvezzo alla maneggiare la cultura evidentemente, tra il Colosseo ed un campo di baseball statunitense. Qualcuno potrebbe essere indotto ora a costruire stadi adatti ad ospitare il popolare sport, così tanto per compiacere il gradito ospite…
Quante macchine, giunte apposta dall’America per scortarlo nei sui spostamenti nella Capitale? Quanti agenti segreti sparpagliati in tutta Roma? E quei cortei che hanno dato un’immagine di potenza assolutamente impropria mettendo che la città in ginocchio per ventiquattr’ore, erano necessari? S’avanza il sottile sospetto che l’alleato è venuto in Italia da “padrone”, ben al di là delle sue intenzioni, naturalmente: i padroni li creano spesso i servi.
Si, lo sappiamo, vecchie idiosincrasie che affiorano, dirà qualcuno, ma non è così. ` che quando si va in casa d’altri si dovrebbe cercare di dare meno fastidio possibile. E poi, la sobrietà non è forse una declinazione dell’eleganza?
I media hanno fatto la loro parte, del resto spettacolarizzano tutto da sempre, figuriamoci una visita in pompa magna al Papa, al capo dello Stato, al presidente del Consiglio ed alla Romanità da parte del “più potente uomo del mondo”, come è stato definito ossessivamente dalle televisioni il seduttivo Barack sui cui movimenti c’è stata un’attenzione che neppure al tempo della guerra fredda si abbiamo registrato quando arrivava un presidente americano a Roma. Provincialismo? Qualcosa di più: intimo compiacimento nel presentare il capo della Casa Bianca come una sorta di imperatore dell’Occidente senza neppure domandarsi perché.
D’accordo, le ragioni di sicurezza. Ma tutte quelle macchine nere erano proprio necessarie? E gli elicotteri che lo sorvegliavano dall’alto anche quando si è recato alla toilette, ed i salamelecchi da parte di chiunque lo abbia sfiorato non hanno creato in nessuno un po’ di sconcerto come se un marziano (non quello di Flaiano del quale come si sa i romani poco si interessavano) fosse precipitato nella Città Eterna che ha voluto ringraziarlo per l’attenzione dedicatale?
Restiamo perplessi. Ci piacerebbe ricevere tutti alla stessa maniera, con la medesima cortesia, con il garbo e la finezza di cui siamo capaci. E non comprendiamo perché un premier deve ricordare ad Obama, pubblicamente, davanti a centinaia di giornalisti, che la sua fonte di ispirazione è il famoso “yes, we can“… Lo statista di Pontassieve ha poca dimestichezza con Machiavelli, ma non si fa mancare la profondità di Twitter.
E poi ci si offende quando qualcuno dice che l’Italia una provincia dell’Impero. Se almeno l’Impero esistesse…