Le nomine nelle grandi aziende: una partita su cui si gioca la credibilità del renzismo
L’imminente tornata di nomine delle grandi aziende pubbliche e di quelle partecipate comunque dallo Stato è forse all’origine di tante scosse telluriche che si stanno registrando in politica.
Il sospetto che Renzi sia stato spinto dai suoi sponsor economici al grande passo della defenestrazione di Letta e dell’insediamento a Palazzo Chigi proprio per gestire questo passaggio è stato forte sin dall’inizio, ma tra qualche settimana potrebbe rafforzarsi ulteriormente. Anche il patto stretto con Berlusconi via Verdini potrebbe nascondere un equilibrio in vista del ricambio ai vertici delle casseforti italiane. Si sa che Eni, Enel e Finmeccanica fanno gola alla politica e ai poteri forti italiani e internazionali, visto anche il ruolo che hanno strategicamente sia in casa nostra sia all’estero, dove operano con successo e con solide alleanze, tra le quali quella con gli Stati Uniti di Obama sugli armamenti e con la Russia di Putin su gas e petrolio.
È evidente che in questo contesto il risiko delle nomine incida sugli equilibri politici e Letta forse è soltanto il primo ad aver pagato l’ansia con cui si è mosso chi attraverso Renzi vuol mettere le mani sui gioielli di Stato. Lo scontro tra il governo e l’amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato non riguarda solo il taglio degli emolumenti, perché chi guida colossi del genere mette al primo posto il potere e non la retribuzione. Mauro Moretti contrastando il governo svolge la funzione di portavoce dei “boiardi” che non vogliono che parta un “effetto Domino” di stampo renziano. Se salta Scaroni all’Eni o Conti all’Enel o Sarmi alle Poste è evidente che il ricambio generazionale alla fine travolgerà tutti al momento della scadenza del mandato. A ciò si aggiunga che le inchieste giudiziarie ancora una volta fanno capolino – guarda caso – proprio mentre il governo è chiamato a decidere sulle nomine. Oggi la Procura di Napoli con quattro arresti ha scoperchiato un presunto giro di mazzette in contanti che sarebbero state smistate al piano più alto di Finmeccanica, mentre nei giorni scorsi altri provvedimenti, questa volta della procura di Milano, hanno messo in crisi l’Expo, cioè la nostra principale vetrina internazionale. Va intanto detto che bisognerà attendere gli esiti delle due inchieste per capire meglio, visto che in passato abbiamo assistito a provvedimenti che hanno influito sulla vita di grandi aziende per poi risolversi in un nulla di fatto. Ciò che comunque emerge è che da oggi saremo meno credibili quando andremo a vendere armamenti di Finmeccanica nel mondo o quando promuoveremo l’Expo universale che ospiteremo il prossimo anno.
Nel giro di poco tempo potremmo scoprire che cambi di governo e inchieste ad orologeria siano serviti a qualche manina a guidare gli eventi. Adesso spetta a Renzi smentire i sospetti, dai nomi che avanzerà per guidare le grandi aziende pubbliche forse capiremo perché ha smentito se stesso facendo fuori Letta e andando a Palazzo Chigi senza un passaggio elettorale.