Libri della settimana: la Dc e De Gasperi, chi cavalca la tigre evoliana, Nobokov contro le dittature, la rivoluzione del Papa e il “compagno” Mussolini
Il decennio che va dai primi anni Quaranta ai primi anni Cinquanta è quello della fondazione della Democrazia Cristiana e della leadership di Alcide De Gasperi. Per la prima volta i cattolici furono alla guida dello Stato costituito nella metà del secolo precedente. Sono gli anni che gli storici e i politologi definiscono del Centrismo degasperiano, una linea politica che caratterizzerà le scelte della giovane repubblica sia sul piano interno e sia sullo scenario internazionale. Ma sono anche gli anni del pontificato di Pio XII, il cui peso e la cui impronta, non solo nella vita della Chiesa, ma anche in quella del Paese, non possono essere certo sottovalutati. Accanto alla leadership politica di Alcide De Gasperi vanno quindi considerati sia la imponente figura di Pio XII con la sua ferma guida della Chiesa e il suo vasto magistero teologico, sia la posizione di Giuseppe Dossetti con la spinta che essa provoca verso sinistra. La vicenda storica della Dc è stata caratterizzata, sì, da alcuni meriti contingenti, ma anche da gravi limiti progettuali; sia da slanci ideali sia da incoerenze non solo di ordine individuale. Sta di fatto che ai cristiani, attraverso la mediazione del partito, è stata offerta un’occasione storica di guidare lo Stato. È questa la caratteristica del singolare caso italiano, che — utilizzando le parole di Jemolo — ha visto «l’inattesa realizzazione di uno Stato guelfo a cent’anni dal crollo delle speranze neoguelfe». (Beniamino Di Martino, Il primo decennio della Democrazia cristiana, Solfanelli, pp. 184, euro 14)
Pubblicato nel 1961, ma scritto dieci anni prima, Cavalcare la tigre è uno dei più famosi e diffusi libri di Julius Evola. Un libro frainteso da chi credeva di leggervi un appello alla diserzione dalla militanza politica ma anche da quanti ritennero necessarie scorciatoie velleitarie-rivoluzionarie. Era semplicemente l’opera ispiratrice di una autentica e duratura rivolta contro il mondo moderno. Cavalcare la tigre, dunque, si porta dietro la fama di «libro proibito». Sicché per i cinquant’anni della sua prima edizione lo hanno esaminato da diversi punti di vista Giandomenico Casalino, Gennaro Malgieri, Andrea Scarabelli e Marcello Veneziani, mettendone in risalto le diverse valenze e il suo impatto su tre generazioni, la sua attualità dopo mezzo secolo. (A cura di G.De Turris, Julius Evola. Cinquant’anni di cavalcare la Tigre, Controcorrente, pp. 89, euro 10)
In un oscuro paese dell’Europa orientale – i cui abitanti parlano ora tedesco ora russo ora una lingua che non coincide con nessuna di quelle esistenti – un filosofo quarantenne, Adam Krug, siede annichilito nell’ospedale dove è appena spirata l’amatissima moglie Olga. Krug è una celebrità internazionale, l’unica che possa vantare il piccolo Stato retto dal regime poliziesco di Paduk, fondatore del Partito dell’Uomo Comune, che propugna una dottrina violenta fondata sul «pensiero unico». Per consolidare il suo carisma il dittatore vorrebbe l’appoggio di Krug, ma lo studioso oppone il più deciso rifiuto in nome della libertà di coscienza, esponendosi così alla più feroce delle rappresaglie. Concepito nel 1941 e portato a termine tra il 1945 e il 1946, in singolare ed evidente contrappunto con il 1984 di Orwell, Un mondo sinistro è, insieme a Invito a una decapitazione, il romanzo più politico di Nabokov, nutrito com’è dell’orrore che i regimi totalitari avevano scatenato negli anni precedenti. Per Krug, infatti, la coscienza è «l’unica cosa reale al mondo e il mistero più grande»: un prodigio, un arcano, una sfida incessante, e un paradosso, giacché è sinonimo di curiosità illimitata, di sentimenti illimitati all’interno (krug in russo significa «cerchio») di un’esistenza per sua natura finita. (Vladimir Nabokov, Un mondo sinistro, Adelphi, pp. 259, euro 18)
Con l’arrivo di Papa Francesco in Vaticano soffia un vento nuovo, che a molti appare rivoluzionario. L’idea di una «Chiesa povera per i poveri», ispirata alla figura di san Francesco d’Assisi, suscita speranze e timori. L’intenzione di papa Bergoglio di riformare la Curia e il modo d’agire della Chiesa, in un ritorno alle origini che prevede regole nuove e drastici tagli, ha impensierito parecchi esponenti di primo piano del mondo ecclesiastico e nello stesso tempo ha restituito alla gente la fiducia in una istituzione colpita da gravi scandali e pesanti accuse di corruzione. Muovendosi su un terreno che conosce molto bene, Elisabetta Piqué – una giornalista argentina che conosce personalmente Bergoglio fin da quando era arcivescovo di Buenos Aires – ci presenta il ritratto di un uomo di grande umiltà, gentile ma deciso, che ha più volte messo in gioco la sua vita durante la dittatura militare in Argentina, che si muove con naturalezza ai vertici del potere, senza mai perdere il suo formidabile senso dell’umorismo. (Elisabetta Piquè, Francesco. Vita e rivoluzione, Lindau, pp. 384, euro 19)