Mentre Roma è il “set” della politica cialtrona, la crisi ucraina passa in secondo piano

4 Mar 2014 10:23 - di Gennaro Malgieri

Nella Roma bizantina e decadente, dove la “grande bellezza” è la voragine dei conti pubblici comunali e la mediocrità di una classe politica che si ritiene eccelsa soltanto perché furbastra ed infida, poco o nulla ci si occupa degli eventi ucraini che soltanto quando si faranno sentire alle porte di casa nostra ecciteranno l’ignoranza di governanti, parlamentari, intellettuali e commentatori. Questa accozzaglia di soggetti inconsapevoli armerà lingue, penne e web per spiegare la rava e la fava su come sia  stato possibile che un avventuriero post-sovietico abbia messo il mondo in ginocchio.

Fino a quando i rubinetti del gas non verranno sigillati e l’ordine del Cremlino non verrà accettato a Bruxelles e a Washington, dove non sappiamo se la “grande bellezza” è rappresentata più dall’incapacità o dall’irresponsabilità, a Roma, i torbidi tormenti degli oligarchi si stemperano nel gioco possente del fregarsi a vicenda sulla legge elettorale, sulle riforme possibili/improbabili, sulle elezioni prossime venture. E si scrutano all’uopo sondaggi contraddittori che asseverano una sola cosa: la decomposizione del centrodestra ed il vigore di un bluff approvato da abili pokeristi in quel del Nazareno.

Altre classi politiche, diversamente dotate intellettualmente, ingaggerebbero una sfida sui tavoli delle cancellerie occidentali per tentare di entrare nella crisi ucraina con lo stesso piglio con cui, per esempio, c’entra la Germania. Già, ma noi una Merkel c’è la sogniamo. Il nostro “mito” è Jep Gambardella che ha capito tutto della Roma cialtrona, non meno che dell’Italia infettata.  E così discutiamo pure su come tenere insieme le ragioni di Berlusconi e quelle di Alfano, per non far naufragare la pace romana mentre quella in Crimea può attendere fino a quando, magari, un qualche buontempone del Pentagono non si farà venire in mente che le arrugginite basi di Aviano e di Sigonella potrebbero essere utilizzate allo scopo di rafforzare la solita coalizione di “volenterosi”, ma solo come camerieri degli americani, al fine di spaventare Putin, il quale, come tutti sanno, si spaventa così facilmente che in tempo di pace e nel sostanziale disinteresse del “mondo libero” ha fustigato la Cecenia, l’Ossezia, l’Inguscezia, la Georgia, l’Ucraina ed altre regioni minori del Caucaso. Volete mettere? Putin passa, ma la stabilità del governo italiano è prevalente rispetto a qualsiasi altro avvenimento più o meno “epocale”.

Renzi asserragliato a Palazzo Chigi, Berlusconi a Palazzo Grazioli, Alfano non saprei, forse al Viminale, altri sparsi nei luoghi cadenti della grande bellezza romana: bar, ristoranti e sale dove si presentano libri sulle loro stesse gesta. Per la cronaca. Le armate russe hanno completato l’occupazione della Crimea, l’Ucraina ha richiamato i riservisti, Obama ha tenuto un discorso retorico ed inconcludente, i ministri degli Esteri europei come sempre si sono divisi su tutto, ma con una novità da non sottovalutare: la ricomposizione dell’asse italo-tedesco in funzione antibritannica. E se questa non è l’ultima espressione della grande bellezza ditemi voi cos’è.   Nella Roma bizantina e decadente, dove la “grande bellezza” è la voragine dei conti pubblici comunali e la mediocrità di una classe politica che si ritiene eccelsa soltanto perché furbastra ed infida, poco o nulla ci si occupa degli eventi ucraini che soltanto quando si faranno sentire alle porte di casa nostra ecciteranno l’ignoranza di governanti, parlamentari, intellettuali e commentatori. Questa accozzaglia di soggetti inconsapevoli armerà lingue, penne e web per spiegare la rava e la fava su come sia  stato possibile che un avventuriero post-sovietico abbia messo il mondo in ginocchio. Fino a quando i rubinetti del gas non verranno sigillati e l’ordine del Cremlino non verrà accettato a Bruxelles e a Washington, dove non sappiamo se la “grande bellezza” è rappresentata più dall’incapacità o dall’irresponsabilità, a Roma, i torbidi tormenti degli oligarchi si stemperano nel gioco possente del fregarsi a vicenda sulla legge elettorale, sulle riforme possibili/improbabili, sulle elezioni prossime venture. E si scrutano all’uopo sondaggi contraddittori che asseverano una sola cosa: la decomposizione del centrodestra ed il vigore di un bluff approvato da abili pokeristi in quel del Nazareno.

Altre classi politiche, diversamente dotate intellettualmente, ingaggerebbero una sfida sui tavoli delle cancellerie occidentali per tentare di entrare nella crisi ucraina con lo stesso piglio con cui, per esempio, c’entra la Germania. Già, ma noi una Merkel c’è la sogniamo. Il nostro “mito” è Jepp Gambardella che ha capito tutto della Roma cialtrona, non meno che dell’Italia infettata.  E così discutiamo pure su come tenere insieme le ragioni di Berlusconi e quelle di Alfano, per non far naufragare la pace romana mentre quella in Crimea può attendere fino a quando, magari, un qualche buontempone del Pentagono non si farà venire in mente che le arrugginite basi di Aviano e di Sigonella potrebbero essere utilizzate allo scopo di rafforzare la solita coalizione di “volenterosi”, ma solo come camerieri degli americani, al fine di spaventare Putin, il quale, come tutti sanno, si spaventa così facilmente che in tempo di pace e nel sostanziale disinteresse del “mondo libero” ha fustigato la Cecenia, l’Ossezia, l’Inguscezia, la Georgia, l’Ucraina ed altre regioni minori del Caucaso. Volete mettere? Putin passa, ma la stabilità del governo italiano è prevalente rispetto a qualsiasi altro avvenimento più o meno “epocale”. Renzi asserragliato a Palazzo Chigi, Berlusconi a Palazzo Grazioli, Alfano non saprei, forse al Viminale, altri sparsi nei luoghi cadenti della grande bellezza romana: bar, ristoranti e sale dove si presentano libri sulle loro stesse gesta. Per la cronaca. Le armate russe hanno completato l’occupazione della Crimea, l’Ucraina ha richiamato i riservisti, Obama ha tenuto un discorso retorico ed inconcludente, i ministri degli Esteri europei come sempre si sono divisi su tutto, ma con una novità da non sottovalutare: la ricomposizione dell’asse italo-tedesco in funzione antibritannica. E se questa non è l’ultima espressione della grande bellezza ditemi voi cos’è.   Nella Roma bizantina e decadente, dove la “grande bellezza” è la voragine dei conti pubblici comunali e la mediocrità di una classe politica che si ritiene eccelsa soltanto perché furbastra ed infida, poco o nulla ci si occupa degli eventi ucraini che soltanto quando si faranno sentire alle porte di casa nostra ecciteranno l’ignoranza di governanti, parlamentari, intellettuali e commentatori.

Questa accozzaglia di soggetti inconsapevoli armerà lingue, penne e web per spiegare la rava e la fava su come sia  stato possibile che un avventuriero post-sovietico abbia messo il mondo in ginocchio. Fino a quando i rubinetti del gas non verranno sigillati e l’ordine del Cremlino non verrà accettato a Bruxelles e a Washington, dove non sappiamo se la “grande bellezza” è rappresentata più dall’incapacità o dall’irresponsabilità, a Roma, i torbidi tormenti degli oligarchi si stemperano nel gioco possente del fregarsi a vicenda sulla legge elettorale, sulle riforme possibili/improbabili, sulle elezioni prossime venture. E si scrutano all’uopo sondaggi contraddittori che asseverano una sola cosa: la decomposizione del centrodestra ed il vigore di un bluff approvato da abili pokeristi in quel del Nazareno.  Altre classi politiche, diversamente dotate intellettualmente, ingaggerebbero una sfida sui tavoli delle cancellerie occidentali per tentare di entrare nella crisi ucraina con lo stesso piglio con cui, per esempio, c’entra la Germania. Già, ma noi una Merkel c’è la sogniamo. Il nostro “mito” è Jepp Gambardella che ha capito tutto della Roma cialtrona, non meno che dell’Italia infettata.  E così discutiamo pure su come tenere insieme le ragioni di Berlusconi e quelle di Alfano, per non far naufragare la pace romana mentre quella in Crimea può attendere fino a quando, magari, un qualche buontempone del Pentagono non si farà venire in mente che le arrugginite basi di Aviano e di Sigonella potrebbero essere utilizzate allo scopo di rafforzare la solita coalizione di “volenterosi”, ma solo come camerieri degli americani, al fine di spaventare Putin, il quale, come tutti sanno, si spaventa così facilmente che in tempo di pace e nel sostanziale disinteresse del “mondo libero” ha fustigato la Cecenia, l’Ossezia, l’Inguscezia, la Georgia, l’Ucraina ed altre regioni minori del Caucaso. Volete mettere? Putin passa, ma la stabilità del governo italiano è prevalente rispetto a qualsiasi altro avvenimento più o meno “epocale”. Renzi asserragliato a Palazzo Chigi, Berlusconi a Palazzo Grazioli, Alfano non saprei, forse al Viminale, altri sparsi nei luoghi cadenti della grande bellezza romana: bar, ristoranti e sale dove si presentano libri sulle loro stesse gesta. Per la cronaca. Le armate russe hanno completato l’occupazione della Crimea, l’Ucraina ha richiamato i riservisti, Obama ha tenuto un discorso retorico ed inconcludente, i ministri degli Esteri europei come sempre si sono divisi su tutto, ma con una novità da non sottovalutare: la ricomposizione dell’asse italo-tedesco in funzione antibritannica. E se questa non è l’ultima espressione della grande bellezza ditemi voi cos’è.

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *