Prima di twittare stupidate, Vendola farebbe bene a informarsi sulla Chiesa
È uno strano e oscuro tweet quello inviato da Nichi Vendola per esprimere la sua adesione alla XIX edizione della marcia, promossa da Libera, in ricordo delle vittime delle mafie. «Benedetto #PapaFrancesco che ha sciolto ogni residuo nodo di ambiguità nell’uso delle parole: all’inferno la mafia!!!». Che significa? Forse che la Chiesa è stata fino ad oggi ambigua nella condanna della mafia? Allora è il caso di rilevare che forse l’ineffabile Nichi s’è perso qualcosa di quello che è successo in Italia negli ultimi trent’anni. A partire dall’anatema lanciato da Papa Wojtyla dalla Valle dei Templi nel maggio del 1993, quando espresse la sua collera, la collera della Chiesa, con queste veementi parole indirizzate ai mafiosi: «Convertitevi! Una volta verrà il giudizio di Dio». È stata alta e veemente anche la condanna di Papa Francesco venuta l’altro giorno: «Convertitevi! O vi aspetta l’inferno». E si è trattato certo di parole importanti e dal forte impatto politico-morale. Ma sono state parole che, appunto, hanno ribadito una linea seguita da lungo tempo. E non c’è solo il magistero pontificio a promuovere presso i fedeli la lotta alla mafia, c’è anche il magistero episcopale. Anche qui occorre ricordare un fondamentale documento dei vescovi, Educare alla legalità, pubblicato nel 1991. Avvenne, in quel caso, anche una piccola “rivoluzione” culturale e semantica. Perché la Conferenza episcopale italiana assunse e inserì nel proprio lessico un termine, legalità, che era fino ad allora appartenuto, pressoché in esclusività, alla cultura laica. Di che cosa parla allora Vendola? Va bene che, come esponente della tradizione comunista e del laicismo arrabbiato, non è tenuto a conoscere il cammino storico della Chiesa italiana in campo civile e politico. Però, prima di cinguettare insulsaggini, avrebbe quantomeno il dovere di informarsi.