Renzi si toglie la maschera: vuole essere il “compagno” Lula, l’amico brasiliano di Fidel
Matteo, Matteo che imbarazzanti punti di riferimento. Nei giorni scorsi, ha detto il premier, «ho incontrato l’ex presidente del Brasile Lula. È stato un incontro particolarmente importante perché, credo, ciascuno di noi ha punti di riferimento e per me lo è chi porta 30 milioni di persone fuori dalla povertà». Parole pronunciate dal premier intervenendo alla Camera sul vertice Ue. All’anima del nuovismo e del riformismo moderno. O Renzi le spara grosse sperando che i parlamentari non conoscano la realtà brasiliana e il “curruculum” comunista e filocastrista dell’ex presidente o non sa quello che dice. Non è una buona notizia per gli italiani se l’ispiratore delle ricette economiche del premier è il modello brasiliano. Le riforme dei presidenti Fernando Henrique Cardoso e poi di Luiz Inácio Lula da Silva, è vero, hanno prodotto un periodo di crescita, assieme a un nuovo di welfare inclusivo. Il Brasile ha acquisito posizioni nello scacchiere geopolitico globale. Ma a che prezzo e con quali prospettive? Da tempo si susseguono manifestazioni di piazza dove si arriva persino a rimpiangere il golpe dei militari. L’esperienza rivoluzionaria di Lula, il presidente più di sinistra che il Brasile abbia avuto, e della sua pupilla Rousseff non sembra essere tutta rose e fiori. Il Brasile in realtà sta passando attraverso una crisi di crescita in cui ridefinire l’equilibrio tra sviluppo e sistema sociale. Il progetto nazionale di questi anni è stato improntato al superamento di divisioni sociali e razziali, mediante piani di crescita accelerata, ma la scommessa di creare un equilibrio stabile che tenga conto dei bisogni della nuova classe media e del suo indebitamento è ancora tutta da giocare.
La diseguaglianza è scesa considerevolmente. I divari tra la fascia costiera densamente popolata e l’interno sottopopolato, così come tra il sud-est ricco e il nord est povero, si sono ridotti permettendo l’uscita dalla povertà di qualche milione di brasiliani. Ma ora la nuova fascia sociale non coincide con la tradizionale classe media e imprenditoriale che può garantire solidità e stabilità di crescita. Sono persone appena uscite dalla povertà per le quali il soddisfacimento dei bisogni essenziali ha cessato di essere una priorità, ma che per quasi il 70% vive ancora nelle favelas e che si è indebitata comprando a rate. Economicamente ancora vulnerabile, questo nuovo gruppo rivendica condizioni e servizi sociali migliori e chiede politiche pubbliche che ne favoriscano il consolidamento. Insomma, il Paese vive in una situazione borderline, con il timore è ricadere nella povertà. I servizi sono ancora inadeguati nonostante il Brasile sia il paese dell’America Latina con la pressione fiscale tra le più alte. Le proteste di piazza richiedono dunque un nuovo contratto sociale. Ma chi dovrebbe rinegoziarlo sono istituzioni obsolete, perché alla crescita di questi anni non si è accompagnata la madre di tutte le riforme: quella dello Stato. Il cantiere dello stato-nazione è indietro. Il sistema dei partiti che lo innerva si è formato durante la dittatura. Ne risulta una politica debole, fatta di continui trasformismi, instabilità e corruzione. È questo che sogna Renzi per noi? E poi la “glorificazione” di Lula potrebbe insospettire il popolo democrat, visti i buoni rapporti che l’ex presidente aveva con Berlusconi. Fu lui ad accoglierlo l’ultima volta che venne in Italia, nel 2008. «Che personaggio…», sorride ancora Lula. «Mi fece trovare i calciatori brasiliani del Milan: da Kakà a Ronaldinho, da Dida a Emerson. E ripeteva di aver fatto molto più lui della sinistra, per gli italiani». Attento Renzi, sei su un terreno scivoloso…