Renzi vive le sue “Idi di Marzo”: si sente circondato da complottisti pronti a pugnalarlo

12 Mar 2014 10:24 - di Guglielmo Federici

Sulla legge elettorale alla fine ha retto il patto Renzi-Berlusconi, ma che fatica. Gli ostacoli sono stati insidiosi e dietro il voto sull’Italicum si sono giocate altre partite, tutte interne al suo Pd. Il premier lo sa,  esce “ammaccato” ma salvo da questo round: «Volevano farmi fuori»,si sfoga su Repubblica, «ma ho vinto io».  L’accusa è diretta ai democrat: «Volevano dimostrare che sì, mi avevano lasciato il partito. Che sì, mi avevano lasciato la presidenza del Consiglio, ma che i numeri ce li avevano loro. Che loro potevano ancora essere determinanti. E invece no, i numeri li abbiamo noi». Nell’intervista il premier sottolinea che a Montecitorio «non si è votata solo una riforma, si è giocata una partita tra due modelli culturali. E anche se a costo di qualche ammaccatura, abbiamo vinto noi. Adesso – avverte – bisogna cambiare registro. Nessuno può pensare di andare avanti così. I numeri ora sono chiari e al Senato non si può fare così». È ancora più duro quando avverte i “frondisti” del suo partito, la vecchia guardia. «Faremo la più impressionante operazione politica mai fatta a sinistra di recupero di potere d’acquisto per chi non ce la fa. Su questo tema ci giochiamo tutto, non sulle alchimie interne. La sinistra è dove si combatte la povertà, non dove sta Rosy Bindi». La resa dei conti dentro il Pd si taglia col coltello. Non bastasse il duro faccia a faccia con la Bindi, ci si è messo anche l’ex segretario Bersani, che non perde occasione per attaccare l’intesa con il Cavaliere. «Bisogna parlare con tutti, ma questo non significa dare l’ultima parola a Berlusconi», ha detto l’ex segretario del Pd, il quale non nasconde che l’Italicum così come si sta concretizzando non piace. «Renzi – dice tra l’altro Bersani – è lì  da qualche settimana. Ora vediamo dove si va a parare. Renzi alza le aspettative per un risveglio di fiducia e fa anche un po’ di movida nel Paese. È una cosa che comporta dei rischi». A serio rischio, per ora,  è la tenuta del partito.

 

 

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