Vendola parla come i “quattro gatti” del popolo viola. Meglio il Nichi di Checco Zalone
Travolto da un insolito destino senza neppure l’azzurro mare d’agosto, Nichi Vendola sgomita, alza la voce, spinge, cerca di farsi notare. L’insolito destino è quello di essere passato da uomo di punta della sinistra, capace di raccogliere consensi enormi, a piccolo leader, messo in panchina a fare l’eterna riserva. Allora lui cerca di entrare in campo con l’arma spuntata dell’antiberlusconismo alla Nanni Moretti e non si rende conto che anche il popolo viola è ridotto ai famosi quattro gatti. Di Renzi non critica il suo essere «poco» di sinistra e «troppo» democristiano; non critica neppure il suo posizionarsi tra i poteri forti e la Merkel, tra la borghesia e il proletariato, un po’ qui e un po’ là. Il suo unico attacco – quello che serve a conquistare spazio sui giornali – è sulla “resurrezione berlusconiana” provocata dal nuovo premier. E il buon Nichi usa un linguaggio ormai vecchio, parla del leader del centrodestra chiamandolo Caimano ed etichetta il dialogo con l’avversario come inquinamento. Qualche esempio: «Il governo Renzi sconta un peccato originale, il suo connubio con Berlusconi è molto sgradevole anche perché si tratta di un compromesso che punta alla mediocrità». O ancora: «Renzi si assumerà la responsabilità politica dell’accordo con il Caimano». La sortita di Vendola non produce grandi effetti mediatici perché quei fuochi d’artificio non incantano più nessuno. Del “compagno Nichi” si ricordano con piacere le imitazioni fatte da Checco Zalone o il finto Vendola che beffa l’ex ministro del Pd Fabrizio Barca, che durante uno scherzo alla Zanzara su Radio 24 rivelava di aver rifiutato di fare il ministro dell’Economia, nonostante forti pressioni. Anche su questo Vendola è particolare: è uno dei rari casi in cui si preferisce la copia all’originale. Quantomeno fa divertire.