A un anno dal bis, Napolitano parla di «bilancio positivo» ma evoca un possibile «distacco dalle responsabilità»
Aveva detto mai e poi mai. E invece, unico nella storia della Repubblica, un anno fa re Giorgio accettò il bis al Colle per il bene della patria. E oggi, con una lettera aperta al direttore del Corriere della Sera, il presidente della Repubblica traccia un bilancio dei primi dodici mesi dalla rielezione tra crisi di governo, staffette e tensioni politiche incandescenti. Fu proprio Ferruccio de Bortoli il 10 marzo dello scorso anno con un fondo dal titolo Il futuro presidente, Napolitano resti ancora un po’ a proporre lo storico bis malgrado il fermo dissenso del Quirinale. Oggi Napolitano dice di aver pagato un prezzo pesante «allo spirito di fazione» che ancora minaccia il Paese ma traccia ugualmente un saldo positivo. «È stato duro – scrive – procedere nel compito che mi spettava del promuovere la formazione di un governo di ampia coalizione, il solo possibile nel Parlamento uscito dalle elezioni del febbraio 2013, e nel sollecitare un programma di rilancio della crescita e dell’occupazione, e di contestuale, imprescindibile avvio di riforme economico-sociali e istituzionali già troppo a lungo ritardate». Aveva detto che avrebbe lasciato non appena fosse partito il treno delle riforme per uscire dallo stallo, e invece è ancora sul Colle a vigilare, confortare, ammonire. Ma forse ancora per poco. «Che questo processo si sia messo in moto, e di recente decisamente accelerato, senza essere bloccato da una crisi e susseguente ristrutturazione della maggioranza di governo né, più tardi, dal cambiamento politico sfociato in una nuova compagine e guida governativa, mi fa considerare positivo il bilancio dell’anno trascorso». Quindi rivendica la sua personale esposizione. «sempre nei limiti del mio ruolo costituzionale» e di non aver dubbi sulla «giustezza della strada seguita». Sollecitato da de Bortoli che vede risaltare «piccoli e meschini calcoli personali o di gruppo», Napolitano confessa di «riflettere sulla persistente, estrema resistenza, che viene dagli ambienti più disparati, all’obbligo nazionale e morale di garantire la continuità dei percorsi istituzionali, e con essa primordiali interessi comuni, anche attraverso avvicinamenti e collaborazioni, sul piano politico, che s’impongono in via temporanea fuori delle naturali affinità e della dialettica dell’alternanza». Quanto alla matassa intricata delle riforme elettorali e costituzionali, sempre a rischio di arenarsi, il capo dello Stato non nasconde gli ostacoli e le incognite ma dice di essere ottimista per il lavoro presentato a settembre dalla Commissione dei saggi. «Confido che quei nodi si scioglieranno positivamente, col contributo essenziale di un governo che opera nella pienezza della sua responsabilità politica e con l’apporto di un arco di forze politiche che vada decisamente oltre i confini dell’attuale maggioranza di governo». Poi si dice «disponibile al confronto verso le posizioni critiche di alcuni costituzionalisti cui d’altronde sono stato legato in tempi non lontani da rapporti di stima reciproca». Infine un accenno al suo mandato eccezionale che potrebbe concludersi presto: «Confido – dice concludendo la lunga missiva – che stiano per realizzarsi condizioni di maggior sicurezza, nel cambiamento, per il nostro sistema politico-costituzionale, che mi consentano di prevedere un distacco comprensibile e costruttivo dalle responsabilità che un anno fa mi risolsi ad assumere entro chiari limiti di necessità istituzionale e di sostenibilità personale».