Da “Roma fascista” a padre della “Repubblica”: Scalfari compie 90 anni e la sinistra lo celebra
In queste ore, dall’intellighentia di sinistra, si sprecano i peana e i cori in lode di Eugenio Scalfari, in concomitanza con le celebrazioni per i suoi 90 anni. Neanche fosse il genetliaco di un sovrano. Altrove leggerete il curriculum da consegnare ai posteri, emendato delle pagine più imbarazzanti. Qui offriamo un piccolo promemoria controcorrente sul più potente e controverso giornalista italiano del dopoguerra. Nato a Civitavecchia il 6 aprile 1924, Eugenio inizia la carriera giornalistica indossando convintamente la camicia nera. Una convinzione che ha modo di ricordare nel 2008, in occasione di un’intervista al Foglio. «Io ho smesso di essere fascista solo quando ne sono stato espulso, quando appunto, fui messo fuori dal partito. E devo dire che ne ebbi un grande dispiacere. Fu un dolore inferto alla mia giovinezza vedermi strappare le stellette dalle spalline, una sconfitta che generò in me una profonda crisi». Il giovane Scalfari all’epoca è collaboratore di Roma fascista, dove ha modo di firmare articoli che intonano odi al regime. «Gli imperi moderni – scrive il giovane Scalfari – quali noi li concepiamo sono basati sul cardine razza, escludendo pertanto l’estensione della cittadinanza da parte dello stato nucleo alle altre genti». E ancora, proclamando, la grandezza di Mussolini: «Ancora oggi è la stessa voce del Capo che ci guida e ci addita le mete da attingere. Oggi mentre sembra che Sua Maestà la Massa (come la definì il Duce in un lontano giorno) mascherata da veli più o meno adeguati tenti di riprendere il suo trono, è necessario riporre l’accento sull’elemento disuguaglianza, che il Fascismo ha posto come cardine della sua dottrina». Il materiale è reperibile in un libro edito da Mondadori nel 1994 e ormai fuori commercio, scritto da Walter Mariotti, Lo Scalfarino portatile, ovvero come si diventa il giornalista più importante che c´è in Italia in 14 facili lezioni. Un libro satirico nel quale viene ricostruita la biografia di Scalfari fino a quel punto. Sono innumerevoli gli abbagli, i facili innamoramenti per il potente di turno, come pure le clamorose cantonate e la miopia politica. Uomo di potere (e nel potere) Scalfari è stato un campione della Casta, finendo in Palarmento, come deputato del Partito socialista dal 1968 al 1972. Prima estimatore di Bettino Craxi, poi suo acerrimo rivale. E ancora, supporter di Ciriaco De Mita contro lo stesso Craxi, poi accanito nemico di Silvio Berlusconi nonché improvvido profeta («Forza Italia è un partito di plastica che si scioglierà in pochi mesi», scriveva nel 1994). Fan di Veltroni contro D’Alema (vinse D’Alema) quindi di Bersani contro Renzi, ora simpatizzante dell’attuale premier. Negli ultimi anni Barbapapà, come lo chiamano a Repubblica, si è interrogato sulla fede, alla maniera di Marzullo: insomma, facendosi le domande e dandosi pure le risposte. Giornalista, ma soprattutto editore di se stesso: sarebbe impossibile trovare un altro quotidiano disposto a pubblicare le sue sterminate articolesse della domenica, che rappresentano un supplizio per il lettore e per il redattore che deve metterle in pagina. Per fotografare lo Scalfari-style, basta rivedere il suo ultimo “scoop”. Il “colloquio” con Papa Francesco trasformato in un'”intervista”. «Non ho registrato nulla, ho ricostruito tutto a memoria, poi ho aggiunto io delle frasi che il Papa non ha mai pronunciato, per far capire meglio i concetti». Un'”intervista” tanto infedele da costringere la Santa Sede a cancellarla dal proprio sito web ufficiale. Anche questo è Scalfari. Auguri.