«Dell’Utri voleva fuggire»: i giudici di Palermo rigettano l’annullamento dell’arresto chiesto dai difensori
Il Tribunale del Riesame di Palermo ha respinto il ricorso contro l’ordinanza di custodia cautelare in carcere disposta dalla Corte d’Appello di Palermo nei confronti di Marcello Dell’Utri. La misura era stata impugnata dai legali dell’ex senatore dopo il fermo avvenuto in Libano lo scorso 12 aprile. Secondo i giudici, infatti, c’era la «deliberata volontà di fuga» dell’ex senatore amico storico di Silvio Berlusconi: «Emerge amplissima la sussistenza della eccezionale portata delle ravvisate esigenze cautelari – scrivono – che consentono, a fronte di una programmata e dunque deliberata volontà di fuga, di superare il divieto di custodia cautelare per gli ultrasettantenni». Dell’Utri è stato arrestato in un lussuoso hotel di Beirut la mattina del 12 aprile. Era latitante da qualche giorno, dopo un mandato di arresto spiccato dai giudici di Palermo, convinti che potesse fuggire all’estero senza attendere la sentenza della Corte di Cassazione che il 15 aprile avrebbe dovuto decidere se confermare la condanna a sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa emessa dalla Corte d’Appello. La sentenza è stata poi spostata al 9 maggio. Per i difensori dell’ex dirigente Mediaset, invece, il pericolo di fuga era insussistente, come dimostra il fatto che l’ex senatore, pur essendosi recato in Libano dov’è stato arrestato, ha usato le sue carte di credito e il suo telefono cellulare, senza quindi adottare nessuna “cautela” per rendersi irrintracciabile. Con la decisione dei giudici del Riesame Dell’Utri rimarrà in stato di fermo nell’ospedale di Beirut nel quale è stato portato dopo l’arresto su mandato di cattura internazionale. Non è ancora chiaro se i legali dell’ex senatore ricorreranno in Cassazione contro la decisione dei giudici palermitani ma, comunque, l’eventuale decisione dei giudici romani verrebbe resa ininfluente dal fatto che sempre la Cassazione il 9 maggio deciderà se confermare o meno la condanna a sette anni. È impossibile, infatti, che la trattazione di un eventuale impugnazione della decisione del Tribunale del Riesame arrivi prima del verdetto definitivo sul processo. Appena due giorni dopo, l’11 maggio, per la legislazione libanese, scadrà la validità dell’ordine di custodia internazionale.