Droga, via libera della Camera. Meloni: il governo vende fumo, per questo vuole depenalizzarlo
Come da copione la Camera ha approvato il decreto legge sulla droga sul quale Renzi ha posto il voto di fiducia, blindando ancora una volta il dibattito parlamentare. Il testo, che ora approda in Senato, è passato con 280 sì, 146 no e due astenuti. Un “pasticciaccio brutto”, frutto del braccio di ferro tra il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, e il collega Orlando, dopo la sentenza della Corte Costituzionale che ha cassato la Fini-Giovanardi, un provvedimento che stravolge la filosofia della prevenzione e della lotta alle tossicodipendenze sotto il pressing ideologico della sinistra. Anche il Nuovo Centrodestra ha dato l’ok al decreto salvo giurare che lo vorrebbe diverso. In sostanza si elimina il carcere per il piccolo spaccio, si allentano le maglie delle sanzioni amministrative e si reintroduce la vecchia distinzione tra droghe leggere e droghe pesanti contro ogni evidenza scientifica e senza tenere conto della quantità di principio attivo. Giorgia Meloni riassume in 180 caratteri la posizione di Fratelli d’Italia: “Dl droga: dimostra la coerenza del governo. Del resto, se passi la giornata a vendere fumo, è ovvio che vuoi depenalizzarlo”, scrive su Twitter lanciando sui social l’hastag #Renziaccanna. Ancora più duro Fabio Rampelli che nel suo intervento in Aula ha definito «Renzi, pusher di frottole». Per giudicare questo provvedimento – spiega – ci basta osservare la gioia che serpeggia tra i nostri avversari di sempre: quegli antiproibizionisti che vogliono la droga libera e legale, magari direttamente spacciata dallo Stato. Se loro festeggiano, noi ci apprestiamo alla battaglia». La pietra dello scandalo è rappresentata dalla cannabis, riabilitata e classificata “droga leggera”, dopo che un governo di centrodestra nel 2006 aveva cancellato l’anacronistica distinzione tra leggere e pesanti», dice il vicepresidente di Fratelli d’Italia alla Camera al premier e «alla sua maggioranza fricchettona, nostalgica di un vecchio spinello che non esiste più». Poi ricorda che la Fini-Giovanardi ha prodotto una netta diminuzione del consumo e della mortalità per droga mentre è falsa la vulgata antiproibizionista che sostiene che non esisterebbe correlazione tra la cannabis e il successivo uso di cocaina, eroina e droghe sintetiche. Un altro capitolo doloroso è rappresentato dal progressivo smantellamento del Dipartimento per le politiche antidroga, «una struttura di eccellenza che ha il compito di coordinare, e lo ha fatto egregiamente, la lotta alla droga tra i ministeri della Salute, dell’Interno, degli Affari Sociali, della Giustizia e la Presidenza del Consiglio attraverso lo studio della tossicodipendenza in un’ottica moderna». Perché – continua Rampelli annunciando il voto contrario – «il tossicodipendente non è un malato da curare con la somministrazione di metadone, la distribuzione di siringhe per “farsi” meglio, la realizzazione di stanze del buco, la messa in sicurezza del presunto diritto di sballarsi». La mano che vogliamo tendere a chi si droga – conclude l’esponente di FdI – è libera dai ricatti, parla il linguaggio universale della solidarietà e della comunità, è vuota e pronta all’aiuto, quella vostra nel palmo ha una dose d’ipocrisia che vi ha già condannati». Per Paola Binetti, invece, l’aspetto positivo di questa legge è quello di «spostare l’enfasi dalla punizione e dalla segregazione, che non aiutano a smettere di drogarsi e non aiutano il ragazzo a farsi una personalità più sana, verso il percorso formativo». Mauro Ottobre, deputato trentino del Patt, giudica il testo «un punto di equilibrio, così come modificato dopo il lavoro delle commissioni».