Lettera di Putin ai leader europei: «L’Ucraina paghi i debiti o sospenderemo la fornitura del gas»
La guerra mascherata tra Occidente e Russia procede con tutti i i mezzi. La Russia adesso potrebbe decidere di interrompere le forniture di gas verso l’Ucraina se questa non onora i suoi debiti. Lo ha detto il presidente russo Vladimir Putin. In una lettera a 18 leader europei resa nota da Mosca (e non dall’Europa, che evidentemente ha interesse a non far conoscere le proposte di Mosca per risolvere la crisi), il leader del Cremlino ha precisato che il gigante russo del gas Gazprom potrebbe essere costretto a richiedere il pagamento anticipato delle forniture di gas, e in caso di mancato rispetto delle condizioni di pagamento interrompere completamente o in parte le forniture. La Russia ha quindi esortato i partner europei a risolvere i problemi economici dell’Ucraina «su una base legale». La lettera inviata dal presidente russo «contiene anche una serie di proposte concrete». Lo ha precisato il portavoce del leader del Cremlino, Dmitri Peskov, citato dall’agenzia Itar-Tass, confermando l’invio della missiva. La lettera è l’extrema ratio del Cremlino, poiché già nelle ultime ore Putin aveva detto che a differenza dei partner europei, Mosca continua a fornire all’Ucraina sostegno economico ma che ciò non può durare per sempre: «Per dirla gentilmente, la situazione è strana perché i nostri partner in Europa riconoscono la legittimità delle attuali autorità di Kiev ma non fanno nulla per sostenere l’Ucraina. Non un solo dollaro, non un solo euro», ha sostenuto. «Invece la Russia non riconosce la legittimità delle autorità di Kiev ma continua a fornire sostegno economico e a finanziare l’economica ucraina con centinaia di milioni di dollari». Putin spera inoltre che «i facenti funzione (al governo ucraino, ndr) non facciano nulla di irreparabile». Lo ha detto aprendo una riunione di governo, nella quale ha auspicato che «l’iniziativa del ministero degli esteri russo per migliorare la situazione in Ucraina, ndr abbia un esito positivo». In Ucraina tecnicamente vi è stato un vero e proprio golpe, poiché l’ultimo presidente eletto è stato di fatto deposto e ora comanda un amico di Julia Timoshenko, ex premier ucraino. Nonostante questa dubbia legalità, il “governo” ucraino sembra intenzionato a usare le maniere forti contro gli insorti filorussi. Il “ministro” dell’Interno Arsen Avakov ha assicurato che entro 48 ore sarà messa fine alla rivolta nelle regioni sud-orientali: o negoziando o con l’uso della forza. E l’arrivo di mezzi blindati a Lugansk non fa che confermare che Kiev non teme di usare il pugno duro. Il leader del Cremlino dice di sperare a questo proposito che le nuove autorità ucraine «non facciano nulla di irreparabile» anche perché – a suo avviso – l’uso della forza rischierebbe di scatenare una guerra civile, ma Kiev continua a denunciare lo zampino di Mosca dietro la rivolta filorussa. Il premier Dmitri Medvedev ha reso noto che Kiev deve a Mosca 16,6 miliardi di dollari: 2,2 per le forniture di gas, 11,4 di mancati profitti per lo sconto sul metano anticipato legato agli accordi del 2010 per la proroga della base navale russa a Sebastopoli, e altri tre presumibilmente per il versamento di una prima tranche di un prestito da 15 miliardi di dollari poi revocato. Infine, si fanno sempre più insistenti le voci secondo cui nelle forze armate di Kiev, o in quel che ne rimane dopo il golpe, ci siano mercenari di organizzazioni internazionali del settore. Se fosse vero, varrebbe la pena di sapere chi paga.