L’ultima partita di Berlusconi. Ma Napolitano non può fare nulla per cambiare il corso delle cose. Un problema per Renzi

3 Apr 2014 9:13 - di Gennaro Malgieri

Chi garantirà per Forza Italia sulle riforme istituzionali e sulla legge elettorale se Berlusconi non dovesse più avere la necessaria agibilità politica per tenere insieme un partito oggettivamente alla sbando, dilaniato da guerre interne, incerto e confuso sulla leadership e privo di una linea unitaria e riconoscibile? Paradossalmente il problema è più di Renzi che della stessa Forza Italia. E, secondo l’ex-premier, della questione dovrebbe farsi carco addirittura il capo dello Stato dal quale si è recato ieri in visita, un po’ per rassicurarlo, un po’ per allarmarlo.

In sostanza gli ha detto che il suo partito non farà mancare al presidente del Consiglio l’appoggio per procedere sulla via delle riforme e, nonostante i “malpancisti”, il progetto di riforma la Senato passerà nonostante sia stato parzialmente tradito il patto del Nazareno. Ma l’obiettivo può essere centrato soltanto se la magistratura non  impedirà al leader di Forza Italia di avere le mani libere per poter operare politicamente. In altri termini se gli consentirà una sorta di “salvacondotto” o, se si preferisce, per dirla più brutalmente, che non gli dia gli arresti domiciliari. Il 10 aprile, dunque, è una data “cruciale” che Berlusconi ha voluto politicizzare al più alto livello facendosi ricevere dal capo dello Stato al quale ha messo di fronte la situazione. Una mossa per alcuni disperata, per altri indispensabile al fine di varare le riforme su cui non solo Renzi si gioca una partita decisiva, ma tutti gli attori politici ed il Paese stesso che le attendono per provare ad uscire dal guado.

Ma Napolitano che cosa più fare al punto in cui sono le cose? Nulla, assolutamente nulla. Dal punto di vista costituzionale e perfino personale. Perciò l’avergli rappresentato lo stato dell’arte, non cambia nulla. Il destino di Berlusconi è nelle mani dei giudici che decideranno per gli arresti domiciliari o per l’affidamento ai servizi sociali. Se dovessero optare per questo secondo provvedimento non è che l’ex-Cavaliere potrebbe fare quello che in molti nel suo entourage pensano, vale a dire campagna elettorale per le europee, esposizione mediatica, interventismo massiccio nel dibattito politico, eccetera. Ci sono dei limiti imposti dalla legge nell’espletare i “servizi” (ma quali poi, non è dato neppure immaginare) che il tribunale dovesse affidargli, per cui sarebbe bene non pigiare sull’acceleratore per non accendere aspettative che potrebbero rivelarsi infondate.

Berlusconi viene descritto come un uomo solo e malinconicamente consapevole del suo destino. Umanamente è comprensibile. Ma se prima, subito dopo la sentenza definitiva forse qualcosa poteva essere fatto tenendo un atteggiamento più sobrio soprattutto nei confronti del capo dello Stato, oggi, alla vigilia dell’inizio della pena da scontare, nulla sembra possibile. Responsabilmente Berlusconi può chiedere ai suoi gruppi parlamentari di attenersi alle disposizioni preservando gli accordi stipulati, ma non è facile. Il partito è dilaniato. Nelle mani di improvvisati o di risentiti, senza più la sua presenza costante e diretta, è destinato ad implodere anche perché nel frattempo Berlusconi non ha indicato una persona di sua fiducia a cui affidare il timone facendolo riconoscere da tutto il partito quale guida in sua vece. Forse immaginava che una soluzione si sarebbe trovata peccando di irrealismo.

Adesso si gioca l’ultima partita. Poi accadrà quel che nessuno, tantomeno il capo dello Stato, può impedire. E sarà un’altra storia…

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